Messi e Modric. Lo stesso desiderio
Domani sera c’è un’occasione irripetibile, arrivare alla finalissima, andando oltre la Croazia
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Messi e Modric. Lo stesso desiderio
Domani sera c’è un’occasione irripetibile, arrivare alla finalissima, andando oltre la Croazia
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Messi e Modric. Lo stesso desiderio
Domani sera c’è un’occasione irripetibile, arrivare alla finalissima, andando oltre la Croazia
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Domani sera c’è un’occasione irripetibile, arrivare alla finalissima, andando oltre la Croazia
Il desiderio è lo stesso. Quella Coppa tra le mani, stretta al cuore. Il simbolo della carriera. E che carriera, soprattutto nel caso di Leo Messi. Domani sera c’è un’occasione irripetibile, arrivare alla finalissima, andando oltre la Croazia. Pericolosa, certo, finalista quattro anni fa, con un manipolo di audaci ormai abituati a partite con lo smoking come questa. Fuoco nelle vene, governo tra i piedi. Mica facile.
Ma davanti alla Pulce e all’Albiceleste non c’è il totem, il Brasile, l’avversario di sempre, l’altro padrone del calcio sudamericano, che spesso ha saputo – come a Italia ‘90 – limitarne le certezze e il talento.
La Pulce è in credito con il destino. Lo sa, stavolta sa quello che vuole e va dritto al sodo. Otto anni fa, contro la Germania è stato Higuain, con due chances sprecate su due gemme da lui servite davanti a Neuer, ad annullargli quel sogno. E’ un fenomeno in missione. E stavolta, più delle altre volte, mostra pure lo sguardo della tigre. Come dopo il rigore segnato all’Olanda. Quella cattiveria agonistica che ha segnato il percorso di altri giganti. La fame di Jordan, di Phelps, di Djokovic.
Negli anni passati cercava, fino allo stremo, di coinvolgere la squadra, arrivare al successo assieme, perché non è mai stato un leader egoista. Nelle partite che hanno portato alla semifinale invece Messi ha fatto da solo. L’assist per Molina, i gol da fuori area: palla a me, risolvo io. Come Mr. Wolf, Messi risolve i problemi. Forse c’è la consapevolezza che si è all’ultimo ballo e che per vincere, tocca ballare. Non per emulare Diego.
Ormai si tratta di andare oltre Maradona. Messi è il primo a sapere che le sue straordinarie prestazioni in Qatar – come quella contro l’Olanda dove per oltre un’ora è stato un enigma come il cubo di Rubik per Van Dijk e soci – non reggono il parallelo, tecnico ed emotivo, con quelle di Diego a Messico ‘86. Quella era un’altra storia, era l’eroe pagano che sfidava il Fato, sfidava gli inglesi, sfidava la gravità. Una mirabilia uscita dalla penna di Galeano, di Sepulveda.
La Pulce vuole solo vincere, chiudere un capitolo, consegnare la Coppa all’Argentina che manca da 36 anni e poi, magari dopo aver salutato la nazionale e dopo sei mesi al Psg, andarsene negli Stati Uniti, forse a Miami. Piuttosto che tornare al Barcellona, la casa dove tutto è nato, tutto è successo. Dove è diventato grande, forse il più grande degli umani.
Modric ha già fatto sapere che andrà avanti con la Croazia. Non è ancora il momento dei saluti, nonostante le oltre 160 presenze, nonostante sia stato il faro di una generazione forse irripetibile. Avanti anche se arrivasse quella Coppa che sarebbe un premio postumo alla grandezza della scuola slava, a quegli eterni e infuocati artisti cui solo la storia ha impedito di arrivare alla terra promessa. Sarebbe difficile solo immaginarne la forza, mettendoli assieme, come avveniva fino a circa 30 anni fa. Modric e i croati, Milinkovic-Savic, Dzeko nel suo prime. Prima ancora, Savicevic, Boban, Mihajlovic, Prosinecki.
E’ un altro genio del calcio, Modric. Non alla Messi, ovviamente. E’ un equilibratore, metronomo, palla sempre giocata con l’esterno. Un invito alla calma. Un leader calmo. Si potrebbe usare il soprannome Luka Magic, se non fosse già coniato per Doncic, il giocoliere sloveno che illumina la Nba. Ha incrociato Messi diverse volte, tra il Santiago Bernabeu e il Camp Nou. Ha vinto e perso. Domani in nazionale dovrebbe essere l’ultimo duello per l’argenteria. Non resta che gustarli, uno di fronte all’altro.
Di Nicola Sellitti
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