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Nostalgia canaglia di uno sport che non c’è più

Se n’è andato Mirko Novosel, allenatore croato di basket il cui nome a molti dirà poco o nulla, un basket che non esiste più
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Nostalgia canaglia di uno sport che non c’è più

Se n’è andato Mirko Novosel, allenatore croato di basket il cui nome a molti dirà poco o nulla, un basket che non esiste più
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Nostalgia canaglia di uno sport che non c’è più

Se n’è andato Mirko Novosel, allenatore croato di basket il cui nome a molti dirà poco o nulla, un basket che non esiste più
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Se n’è andato Mirko Novosel, allenatore croato di basket il cui nome a molti dirà poco o nulla, un basket che non esiste più
Se n’è andato Mirko Novosel, allenatore croato di basket il cui nome a molti dirà poco o nulla: negli anni Settanta e Ottanta fu uno dei coach più innovatori e vincenti della pallacanestro, con l’incredibile scuola jugoslava portata sul tetto d’Europa con la nazionale e il suo club, il mitico Cibona Zagabria. Attingendo a un bacino di talento sconfinato – all’epoca sotto la stessa bandiera della Jugoslavia di Tito e che dopo la guerra ha generato almeno tre squadroni – e con il coraggio di grandi innovazioni tecniche e tattiche. Pochi ormai lo ricordavano, pochissimi fuori dal piccolo mondo della palla a spicchi ed è un peccato perché Novosel riporta a un’epoca in cui il basket visse una vera e propria età dell’oro in Italia. Vette mai più viste di coinvolgimento del pubblico e qualità dei protagonisti sul parquet. Una realtà che oggi ci sogniamo, nell’iper professionismo svuotato di contenuti e sentimenti delle squadre dei nostri tempi. So di essere impopolare nello scriverlo, ma persino l’Nba di oggi è per lunghi tratti una baracconata indigeribile, un corri e tira pensato solo per l’egoismo fine a se stesso di ragazzi cui interessano solo le statistiche personali. C’è ancora The King Lebron James, per fortuna, c’è Nikola Jokic antidivo per eccellenza e storia pazzesca, ma qualcuno oserebbe paragonare l’Nba di oggi all’epopea Lakers-Celtics? Magic-Bird? All’avvento dì Michael Jordan? Nostalgico? Assolutamente sì, pensando a Mirko Novosel sulla panchina del Napoli Basket, quando ragazzino – nell’ultimo biennio degli anni Ottanta – non mi perdevo una partita dei partenopei al Mario Argento. Vetusto, fatiscente e cavernoso palazzo dello sport oggi vergognosamente ridotto in macerie nell’indifferenza della città, che fu teatro di veri e propri squadroni. E anche di allenatori leggendari come Mirko Novosel, Arnaldo Taurisano, Tonino Zorzi o Elio Pentassuglia. Il club era di proprietà dell’Ingegner Nicola De Piano, uno di quelli che licenziava coach e americani con straordinaria agilità. Non aveva grandi disponibilità finanziarie, ma una passione sconfinata. Fu capace di portare a Napoli fuoriclasse come Lee Johnson, Walter Berry, Alex English e azzurri come il ‘marine’ Marco Bonamico. Per noi, che sognavamo l’Nba grazie a Dan Peterson, vedere dal vivo Berry o English equivaleva al nirvana. La nostra generazione di ragazzotti napoletani cresciuti negli anni di Diego Armando Maradona e innamorati anche della pallacanestro, sarà per sempre grata a quel segaligno presidente che ci fece divertire come dei matti. Ci godevamo una squadra che non vinse mai nulla, ma seppe vivere annate straordinarie. Ricordo l’aura che circondava Mirko Novosel ai timeout, la deferenza intorno a lui. Sì, nostalgia canaglia di attendere il turno casalingo contro Milano per andare a vedere Dino Meneghin o Roma per quel demonio di folletto di Larry Wright. Sì, che ne possono capire quelli che danno la patente di fenomeno alla prima meteora. di Fulvio Giuliani

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