Coppa d’Africa, si gioca. Il torneo, già posticipato una volta, debutta il 9 gennaio in Camerun. Per una volta la spunta il continente africano e subisce una battuta d’arresto il potere del calcio europeo. Sembrava tutto sfumato: torneo a settembre per l’effetto Omicron, potenziale bomba a orologeria in una zona del pianeta che conta appena il 4% di vaccinati.
E invece per il presidente della Confederazione calcistica africana (Caf), Patrice Motsepe, ci sono le condizioni per far partire il torneo, dopo l’incontro con il capo di Stato camerunese Paul Biya. Sarebbe stata decisiva la volontà dei calciatori africani a disputare la Coppa. Eppure c’è stato un notevole dispiegamento di potere per evitare il calcio d’inizio: prima l’Eca (associazione dei club europei) con la minaccia di non concedere gli atleti, poi il presidente della Fifa Gianni Infantino e l’idea del rinvio della competizione. Una prova di forza.
I club europei sono spazientiti per la perdita dei loro campioni tra gennaio e febbraio e per la quarantena (dieci giorni in Italia) imposta ai calciatori di rientro dal torneo. E poi, in ottica business, la Coppa d’Africa tira poco: il giro d’affari annuale complessivo delle singole federazioni (sui 400 milioni) è pari a quello del Borussia Dortmund.
Per chi pensa solo al registro di cassa, più un fastidio che altro; poco importa se più tornei siano stati disputati a pandemia in corso, con o senza pubblico, come la Bundesliga dal 28 dicembre. Ma stavolta Davide ha battuto Golia.
di Nicola Sellitti
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