
Allenatori giromondo
Quando Baggio sbagliò quel rigore nella finale di Messico ’86, sulla panchina verdeoro sedeva Carlos Alberto Parreira. Ripercorriamo la sua carriera e quella di Bora Milutinovic, l’allenatore che trasformava in gloria tutto ciò che toccava
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Quando Baggio sbagliò quel rigore nella finale di Messico ’86, sulla panchina verdeoro sedeva Carlos Alberto Parreira. Ripercorriamo la sua carriera e quella di Bora Milutinovic, l’allenatore che trasformava in gloria tutto ciò che toccava
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Quando Baggio sbagliò quel rigore nella finale di Messico ’86, sulla panchina verdeoro sedeva Carlos Alberto Parreira. Ripercorriamo la sua carriera e quella di Bora Milutinovic, l’allenatore che trasformava in gloria tutto ciò che toccava
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Quando Baggio sbagliò quel rigore nella finale di Messico ’86, sulla panchina verdeoro sedeva Carlos Alberto Parreira. Ripercorriamo la sua carriera e quella di Bora Milutinovic, l’allenatore che trasformava in gloria tutto ciò che toccava
Allenatori giramondo, globetrotter pallonari alla ricerca dell’impresa memorabile. Anonimi da calciatori, hanno raggiunto la fama portando tattica ed esperienza in squadre senza storia e tradizione. Gli emblemi del nomadismo calcistico sono Bora Milutinovic e Carlos Alberto Parreira: entrambi hanno condotto cinque diverse Nazionali alle fasi finali di un Mondiale. Messico, Costa Rica, Stati Uniti, Nigeria e Cina le bandiere difese dallo jugoslavo; Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Brasile, Arabia Saudita e Sudafrica le squadre allenate dal brasiliano. Mentre Parreira – dopo aver portato i verdeoro sul tetto del mondo nel 1994 ne ha ripreso la guida anche nel 2006 – detiene il primato assoluto di partecipazioni, Milutinovic è l’unico allenatore ad aver portato quattro squadre diverse a superare il primo girone eliminatorio, impresa fallita soltanto con la Cina nel 2002.
La carriera mondiale di Parreira inizia nel 1982 con la modestissima debuttante del Kuwait. Dopo un inizio spumeggiante (1-1 con la Cecoslovacchia), nulla può fare per fermare Francia e Inghilterra. A Italia ’90 guida gli Emirati Arabi Uniti ma questa volta il tabellino si ferma a zero punti dopo le tre partite del girone. In solo quattro anni passa però dalle stalle alle stelle, quando alla guida del Brasile alza la Coppa del Mondo in faccia all’Italia dopo una estenuante gara di nervi e tensione culminata con l’errore dagli undici metri di Roberto Baggio. Messo in bacheca il risultato più importante, Parreira torna a dedicarsi alle nazioni minori: nel 1998 siede sulla panchina dell’Arabia Saudita. Nonostante un buon pareggio contro il Sudafrica non riesce però ad andare oltre il primo turno. Conclude la carriera proprio sulla panchina dei Bafana Bafana per l’edizione casalinga del Mondiale: nonostante i quattro punti (vittoria contro Messico, pareggio con l’Uruguay e sconfitta con la Francia), viene eliminato per la peggior differenza reti. Per la prima volta la squadra organizzatrice del torneo non supera la fase a gironi; triste record da quest’anno condiviso con il Qatar.
Nato nel 1944 nella parte serba della Jugoslavia, Bora Milutinovic trasforma in gloria tutto quello che tocca. Nel 1986 è scelto dalla Federazione messicana come commissario tecnico per i Mondiali casalinghi. Sfiora l’impresa di arrivare tra le prime quattro cedendo il passo alla Germania Ovest solo dopo i rigori. Nelle edizioni successive del Mondiale guida Costarica (Italia ’90), Stati Uniti (Usa ’94) e Nigeria (Francia ’98) ma non riesce a fare di meglio: pur superando con discreta facilità il girone di qualificazione cade al primo turno a eliminazione diretta. Nel 2002 siede sulla panchina della Cina: zero gol fatti e nove subiti la dicono lunga sulla modestia della squadra debuttante nella competizione mondiale. Proprio Milutinovic, che in carriera ha fatto anche una breve apparizione a Udine (esonerato dopo sei sconfitte in nove partite), ricorda così la sua esperienza cinese: «Prima del Mondiale entrai in una chiesa per parlare con Dio. Gli dissi che volevo segnare come la Francia. E Dio mantenne la parola. Francia e Cina in quel Mondiale furono le uniche due squadre a non segnare neppure un gol».
Di Stefano Caliciuri
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