La fine dei 18 anni di Enrico Preziosi alla guida del gloriosissimo Genoa Cricket and Football Club (la squadra di calcio più antica d’Italia, fondata dagli inglesi nel 1893) non è accompagnata dai toni e dai commenti che pure avrebbe potuto meritare. Almeno per una discreta parte della sua gestione, che ora passa all’ennesimo fondo americano, il 777 Partners.
Preziosi, certo non da solo, è stato superato dagli eventi. In un primo momento senza neppure rendersene conto, poi non riuscendo a reagire come sarebbe stato necessario. La sua è stata la gestione tipica di proprietà non in grado di tener botta alla folle esplosione dei costi, a cui si è cercato di rispondere con soluzioni finanziarie fantasiose e non di rado immaginifiche, incentrate sulla politica delle plusvalenze.
Acquistare e rivendere giocatori a ritmi apparentemente illogici, in realtà rispondenti a una sola legge: creare voci attive in grado di puntellare bilanci gravemente compromessi. Preziosi non è stato certo l’unico a eccellere in questa pratica, ma ha finito per pagarla più di altri. A causa di qualche ‘allegria’ di troppo e di una cronica passione per le esagerazioni dialettiche e comportamentali.
Il suo tempo al Genoa appariva finito da tempo, per quanto non sia stato tutto da buttare. Crediamo gli vada riconosciuto almeno l’onore delle armi e il merito di 18 anni consecutivi in serie A, tutt’altro che scontati.
Di Diego de la Vega
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