Pro Recco, che bello il mondo da lassù
Un sabato da grandissimi dello sport. Poche ore prima che Carlo Ancelotti e il Real Madrid trionfassero ancora una volta in Champions League, un’altra leggenda dello sport mondiale centrava l’ennesimo trionfo di una storia senza pari. La Pro Recco si è laureata Campione d’Italia per la 34ª volta.
Pro Recco, che bello il mondo da lassù
Un sabato da grandissimi dello sport. Poche ore prima che Carlo Ancelotti e il Real Madrid trionfassero ancora una volta in Champions League, un’altra leggenda dello sport mondiale centrava l’ennesimo trionfo di una storia senza pari. La Pro Recco si è laureata Campione d’Italia per la 34ª volta.
Pro Recco, che bello il mondo da lassù
Un sabato da grandissimi dello sport. Poche ore prima che Carlo Ancelotti e il Real Madrid trionfassero ancora una volta in Champions League, un’altra leggenda dello sport mondiale centrava l’ennesimo trionfo di una storia senza pari. La Pro Recco si è laureata Campione d’Italia per la 34ª volta.
Un sabato da grandissimi dello sport. Poche ore prima che Carlo Ancelotti e il Real Madrid trionfassero ancora una volta in Champions League, un’altra leggenda dello sport mondiale centrava l’ennesimo trionfo di una storia senza pari. La Pro Recco si è laureata Campione d’Italia per la 34ª volta.
La Pro Recco, battendo Brescia in gara tre della finale scudetto, si è ripresa quel tricolore che un anno fa proprio la squadra lombarda era riuscita clamorosamente a strappare al club più titolato al mondo. Una sconfitta bruciante, dopo tre lustri di vittorie consecutive in Italia, che – come tutte le grandi squadre – la Pro Recco seppe trasformare nella molla per andare a riprendersi a sua volta la Coppa dei Campioni, nelle fantastiche notti di Belgrado (e fra pochi giorni si torna proprio lì, sempre per la Coppa…).
Questa è una grandissima storia italiana, la storia di un borgo di poche migliaia di anime capace di scalare l’Italia, l’Europa e il mondo nuotando nelle acque del Mar Ligure, quando la pallanuoto si giocava in mare fra onde, spruzzi e risacca. L’era leggendaria incarnata dal mito di Eraldo Pizzo. Il più forte di ogni epoca, fenomeno del Settebello di Roma ‘60 e oggi anima e memoria storica di una squadra condannata a non essere come tutte le altre.
È stato proprio un ragazzo di quei tempi, il patron Gabriele Volpi – nato a pochi metri da Punta S. Anna dove ieri la squadra ha trionfato – a portare negli ultimi vent’anni la Pro Recco in una dimensione frequentata da pochissimi fenomeni dello sport mondiale: quella in cui il secondo posto è una terribile sconfitta e la vittoria la più dolce delle condanne. Lo ha fatto applicando rigidi parametri manageriali, nella gestione di uno sport che in Italia – nonostante le glorie – è sempre stato vissuto in forma dilettantistica. Una zavorra che avrebbe potuto portare l’intero movimento a fondo, se non fosse stato per l’impegno, la professionalità e i capitali investiti dal gruppo. Il Ceo Gianpiero Fiorani ha voluto per la Pro Recco lo stesso modello di gestione di ogni azienda della holding.I superficiali credono che per vincere bastino i soldi, quando per diventare leggenda sono esclusivamente un presupposto. Senza umiltà, fatica, competenza e passione viscerale non si va da nessuna parte, al massimo si buttano via. Questa è la lezione della Pro Recco, ignorata da molti, istituzioni comprese.
Affidata da Gabriele Volpi e Gianpiero Fiorani al presidente Maurizio Felugo, la Pro Recco è stata guidata e coccolata dall’azzurro campione del mondo e vice campione olimpico come uno dei suoi quattro, meravigliosi figli. Con amore e il polso del padre che sa di dover educare, instradare e far crescere la propria creatura. Anche con il coraggio di chiamare in panchina un 31enne, Sandro Sukno. Non fosse stato per un cuore bizzarro, uno dei più grandi giocatori ogni epoca.Questa è la Pro Recco: una lezione di managment, una storia di uomini.
Di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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