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Pubblico da record per gli universitari del football Usa

È di 107mila la media di pubblico dei Michigan Wolverines, da poco campioni di football collegiale made in Usa
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Pubblico da record per gli universitari del football Usa

È di 107mila la media di pubblico dei Michigan Wolverines, da poco campioni di football collegiale made in Usa
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Pubblico da record per gli universitari del football Usa

È di 107mila la media di pubblico dei Michigan Wolverines, da poco campioni di football collegiale made in Usa
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È di 107mila la media di pubblico dei Michigan Wolverines, da poco campioni di football collegiale made in Usa

La carica dei centomila. Anzi, anche di più: sono 107mila in media a partita i seguaci della Big House, la casa dei Michigan Wolverines, da poco campioni di football collegiale, a 26 anni dall’ultima volta. Questa è una di quelle storie che soltanto lo sport a stelle e strisce sa regalare. Negli anni i Wolverines erano diventati un po’ la barzelletta del college football: non vincevano mai, erano considerati una specie di Washington Generals, la squadra che per contratto perde sempre nelle esibizioni contro gli Harlem Globetrotters, i giocolieri giramondo del basket.

Ma per i loro tifosi vincere o perdere è stato sempre un dettaglio: fino al 2018 ha resistito infatti un primato impossibile da superare, ossia 273 gare consecutive sold out alla Big House, quasi 110mila spettatori a partita. Lo scorso anno il pubblico che ha assistito ai sette incontri stagionali (che si giocano sempre in autunno) è stato di oltre 769mila paganti. Nell’impianto sportivo più capiente degli Stati Uniti resiste anche il record di spettatori: oltre 115mila per la sfida con Notre Dame nel 2013. Il primato assoluto spetta invece all’incontro Tennessee-Georgia Tech (sempre college football) del 2015: 157mila spettatori, ma si giocò in una pista ovale che ospita di solito una delle gare del campionato automobilistico Nascar. Insomma, che si vinca o si perda, a vedere le partite dei Wolverines vanno in quasi 110mila. Dal 2020 per gli avversari la Big House è diventata però un fortino inespugnabile: non si passa, 19 vittorie consecutive per la squadra di casa. Serve un’impresa, è come battere il Brasile del 1970 al Maracanà.

In verità, l’approccio allo sport in Michigan – Stato di vocazione operaia, che ha sofferto la crisi economica e poi creduto alle promesse trumpiane – è di tipo fideistico. Qualche anno fa un’amichevole estiva di calcio fra il Manchester City e il Real Madrid portò alla Big House 109mila spettatori. Numeri inattesi anche perché in quelle zone non c’è cultura della vittoria: i Detroit Lions non vincono un titolo della Lega professionistica nazionale (la celeberrima Nfl) dal 1957.

Ma in realtà dietro questo primato c’è tutta la mistica del college football americano. Il giorno della partita è vissuto ancora come un evento e questo avviene in quasi tutti i campus universitari: grigliate, birre, partite improvvisate. Si aggregano anche i tifosi senza biglietto (ma solo per vivere l’occasione). È una festa che rafforza quel sincretismo fra tifo e squadra che alimenta il campanilismo fra college addensati in poche miglia. Certo, The Big House – che si trova ad Ann Arbor (sede dell’università statale) – è un caso straordinario, una specie di magnete per gli appassionati, non soltanto del football. Edificata nel 1927, poco prima della Grande depressione, ha ospitato anche il celebre discorso con cui il presidente Lyndon Johnson lanciò il suo progetto di Great Society ispirato a combattere la povertà e la disuguaglianza razziale.

di Nicola Sellitti 

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