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Razzismo e aggressività, mix fatale

Dai cori razzisti negli stadi alla violenza che dilaga tra i tifosi da Nord a Sud, sono tutti episodi inqualificabili a cui ci rifiutiamo di far l’abitudine
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Razzismo e aggressività, mix fatale

Dai cori razzisti negli stadi alla violenza che dilaga tra i tifosi da Nord a Sud, sono tutti episodi inqualificabili a cui ci rifiutiamo di far l’abitudine
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Razzismo e aggressività, mix fatale

Dai cori razzisti negli stadi alla violenza che dilaga tra i tifosi da Nord a Sud, sono tutti episodi inqualificabili a cui ci rifiutiamo di far l’abitudine
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Dai cori razzisti negli stadi alla violenza che dilaga tra i tifosi da Nord a Sud, sono tutti episodi inqualificabili a cui ci rifiutiamo di far l’abitudine
Quando ci verranno a noia le parole buttate lì a caso, spesso solo per ferire il prossimo più o meno consapevolmente, sarà sempre troppo tardi. Quando non avremo più voglia di essere pateticamente aggressivi, sempre alla caccia di un nemico, di qualcosa o qualcuno che possa giustificare i nostri fallimenti, quel giorno non lo avremo sprecato come troppi altri. Siamo arrivati a un punto in cui risulta difficile negare si sia davanti a una vera e propria deriva di inciviltà. Nei social, in strada e in troppi altri luoghi non si critica per confrontarsi con le idee altrui e crescere insieme, ma solo per distruggere. Per segnalare la propria (trascurabile) esistenza. Quando una persona che ama il suo lavoro – ci riferiamo al tassista di Bologna che ne ha le tasche piene, esattamente come tanti di noi, di chi si rifiuta di sbarcare nel III millennio – finisce per essere minacciato verbalmente e materialmente da gente senza cervello e senza dignità, cosa commentare ancora? Nell’era che dovrebbe essere della condivisione più raffinata, nei giorni degli appelli all’uso della schwa per non offendere nessuno, dell’inclusione e delle dotte disquisizioni sulle finali di sostantivi e aggettivi, dobbiamo tollerare lo schifo dei cori razzisti in uno stadio, due stadi, dieci stadi. Dobbiamo guardare attoniti la pantomima di giocatori offesi senza vergogna, a cui vengono sventolati sotto il naso burocratici cartellini gialli o rossi, mentre i subumani sugli spalti sono liberi di urlare qualsiasi bestialità. Per finire persino “coperti”, nella solita e italianissima orgia di distinguo pelosi e difese d’ufficio oltre il limite dell’imbarazzo. Ci riteniamo così evoluti e attenti al prossimo, ma da Sud a Nord – sottolineiamo anche da Sud, tanto per esser chiari – persone che hanno osato festeggiare lo scudetto della propria squadra del cuore ‘in trasferta’ si sono sentite profondamente a disagio, se non son finite direttamente minacciate o malmenate. Episodi inqualificabili a cui ci rifiutiamo di far l’abitudine, mentre volenterosi avvocati difensori di questi soggetti spuntano da ogni dove. Acquista ancora più valore, così, il gesto del sindaco di Varese Davide Galimberti. Il primo cittadino, dopo gli sconcertanti episodi di aggressione ai tifosi napoletani – anche ai danni di famiglie con bambini di 2 e 9 anni – ha esposto la bandiera del club azzurro al palazzo del Comune e fatto immediatamente cancellare le scritte idiote che erano apparse in città. Un puntino non d’azzurro, ma di razionalità, senso civico e umanissima civiltà in questo mare magnum di fetida e belluina aggressività in cui ci troviamo senza neanche capire troppo bene perché. Di Fulvio Giuliani

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