Ha allenato entrambe nel decennio d’oro della Serie A. Con il Napoli Rino Marchesi è arrivato a un passo da un miracolo, forse passato sottotraccia: a cinque turni dal termine del campionato, nel 1981 gli azzurri trascinati dall’olandese Rudy Krol – unica stella della squadra – erano primi insieme a Juve e Roma. Finirono terzi, fatale fu la sconfitta in casa con il Perugia. Sempre negli anni Ottanta, sulla panchina della Juventus ha invece osservato da vicino il declino fisico di Michel Platini e le ultime partite di Gaetano Scirea.
Il tecnico lombardo, 86 anni, ci presenta così la supersfida che si gioca stasera allo Stadio Maradona: «Il Napoli ha un’occasione importante. Vincere significherebbe davvero dare una spallata al torneo, nonostante ci siano ancora 20 partite per colmare le distanze». Secondo Marchesi, il Napoli ha mostrato nel successo con la Sampdoria di essere tornato a pieni giri: «Ho rivisto una squadra che corre, che sta bene. Con l’Inter ha pagato la lunga sosta, d’altronde in quelle settimane molte squadre hanno lavorato per partire subito forte. Il vantaggio degli azzurri è la qualità della rosa, non ci sono titolari e riserve, anche se Osimhen è devastante: un attaccante che avrebbe fatto sfracelli anche ai tempi di Maradona o Platini.
Invece Allegri non ha potuto sinora disporre di elementi come Vlahovic, Pogba, Di Maria e Chiesa, che certamente avranno un peso una volta rientrati». A suo giudizio la Juventus «ha un organico straordinario, al pari dell’Inter che è un po’ indietro in classifica, mentre il Milan continua a perdere pezzi. Sono convinto che i bianconeri andranno oltre l’obiettivo minimo di finire tra le prime quattro, indicato da Allegri. Fa solo pretattica: dopo otto vittorie consecutive e il rientro dei migliori, vogliono il titolo. Ma il Napoli è nettamente favorito, qualunque sia il risultato della gara di stasera».
Marchesi sfoglia l’album dei ricordi. La mente corre a Juventus-Napoli 1-3, il trionfo napoletano al Comunale di Torino nell’inverno del 1986. La tesi di laurea con lode di Maradona e soci per il primo tricolore: «Penso a quella gara perché ero sulla panca della Juventus e vidi il trionfo di una squadra ormai matura per vincere. Mi trovai nella stagione in cui Platini soffriva di pubalgia e sciatalgia, un ricordo dei Mondiali messicani. Fece solo due gol in campionato, quando invece era abituato a farne una ventina» ci racconta. «Diego era uno spettacolo, godimento puro, era all’apice. Quel Napoli vincente l’ho costruito io assieme ad Antonio Iuliano». Tra i bianconeri, oltre a Platini limitato da noie fisiche, gli è rimasto nel cuore Gaetano Scirea: «L’ho allenato per due anni, si stava preparando a una nuova fase della vita, senza il calcio giocato. Un campione, un uomo come pochi: quando si perse in Coppa dei Campioni con il Real Madrid, il suo pensiero fu consolare i compagni e tenere alto l’umore dei più giovani».
Di Nicola Sellitti
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