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Rod Laver e il tennis diverso

Rod Laver, il più forte giocatore di tennis di tutti i tempi che ancora oggi ha molti estimatori. È stato l’unico tennista della storia ad aver conquistato due volte il Grande Slam.
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Rod Laver e il tennis diverso

Rod Laver, il più forte giocatore di tennis di tutti i tempi che ancora oggi ha molti estimatori. È stato l’unico tennista della storia ad aver conquistato due volte il Grande Slam.
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Rod Laver e il tennis diverso

Rod Laver, il più forte giocatore di tennis di tutti i tempi che ancora oggi ha molti estimatori. È stato l’unico tennista della storia ad aver conquistato due volte il Grande Slam.
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Rod Laver, il più forte giocatore di tennis di tutti i tempi che ancora oggi ha molti estimatori. È stato l’unico tennista della storia ad aver conquistato due volte il Grande Slam.
Esterno giorno, campo da tennis in terra rossa. Dopo un breve scambio dal fondo tra due giocatori di club, su un rovescio bello e fortunato la palla tocca il nastro e cade appena al di là della rete. Un punto importante uscito dalla racchetta di un mancino. L’avversario lo guarda e gli dice: «Colpo perfetto, avrebbe detto Rod Laver». In effetti la leggenda del tennis, considerato il più forte giocatore del mondo di tutti i tempi, ha ancora molti estimatori, specie fra i meno giovani e fra coloro che amano partite giocate più con la testa che con i muscoli. Nato nel 1938 a Rockhampton, un’assolata città a 600 chilometri da Brisbane, capitale del Queensland un tempo nota per l’allevamento di bestiame, è stato finora l’unico tennista ad aver conquistato due volte il Grande Slam (vincendo cioè nello stesso anno i tornei di Australia, Roland Garros a Parigi, Wimbledon e Us Open) prima come dilettante, nel 1962, poi nella formula Open, aperta ai professionisti, nel 1969. Non per niente la casa degli Australian Open a Melbourne si chiama Rod Laver Arena. Certo, allora il tennis era molto diverso rispetto a oggi: si giocava meno e, soprattutto, giravano molti meno quattrini. E c’era una fortissima rivalità tra americani e australiani. Inoltre esistevano faide e si scatenavano battaglie e polemiche continue tra i ‘puri’, ossia gli amateur che potevano giocare i tornei più importanti ma non fare di mestiere il tennista, incassando compensi. Certo, anche allora ci si aggiustava con finti rimborsi spese e compensi under the table, perché tutto il mondo è Paese. Ma i court di allora non erano la macchina da soldi che sono oggi: «Era tutto organizzato – racconta Laver nell’autobiografia – in maniera molto dilettantesca, improvvisata e al risparmio. Mancavano perfino le sedie o le palle per gli allenamenti». Ma torniamo al nostro mancino dai capelli rossi. Proprio sei decadi fa di questi giorni, esattamente il 15 gennaio 1962, Laver vince gli Australian Open, gli stessi che in questi giorni sono alla ribalta per ben altri fattori. Anche allora c’erano motivi per non stare allegri, con Kennedy e Kruscev che si guardavano in cagnesco sui missili a Cuba (che diventerà poi crisi conclamata in ottobre) e Giovanni XXIII che aveva appena scomunicato Fidel Castro. Per Laver, invece, si può dire che la sua leggenda cominci proprio qui, nel Paese in cui era nato. E che lo porterà a essere inserito nell’International Tennis Hall of Fame nel 1981.   di Franco Vergnano

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