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Samurai blu e deriva dei continenti

Con i Mondiali in Qatar pare che il calcio voglia riscrivere le sue tavole della legge.
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Con i Mondiali in Qatar pare che il calcio voglia riscrivere le sue tavole della legge.
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Con i Mondiali in Qatar pare che il calcio voglia riscrivere le sue tavole della legge.
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Con i Mondiali in Qatar pare che il calcio voglia riscrivere le sue tavole della legge.
Samurai blu e Leoni di Atlante. Asia e Nordafrica: la geografia del calcio che prova a essere rivista nei Mondiali più discussi e discutibili di sempre. Senza dimenticare che agli ottavi di finale della Coppa del Mondo si era già qualificata l’Australia e anche gli Stati Uniti. E resta l’attesa dei risultati odierni che potrebbero portare agli ottavi Corea del Sud e Ghana.

Insomma, si è scatenata una specie di deriva dei continenti. Uno scossone di placche tettoniche che ha messo l’Europa, la casa del football assieme al Sudamerica, nettamente in secondo piano. Almeno sino all’inizio della fase a eliminazione diretta della competizione.

Sono passate solo poche ore dall’impresa del Giappone che vince il girone di Spagna e Germania, dopo aver messo in fila prima i tedeschi, poi gli spagnoli. Si è festeggiato fino all’alba a Tokyo. La partita con la Spagna è andata in diretta alle 4 del mattino, con oltre dieci milioni di spettatori. I pendolari nipponici, solitamente inappuntabili in giacca e cravatta, sono andati al lavoro con la maglia della nazionale del Sol Levante, disegnata dall’autore del manga Blue Lock. Potenza del pallone.

A proposito di manga: neppure in Capitan Tsubasa, o nella versione a noi più conosciuta del cartone animato cult negli anni ’80, ovvero Holly & Benji, i nipponici sarebbero arrivati a disegnare questo tipo di scenario. Battuti i maestri tedeschi e spagnoli, cinque Mondiali complessivi, con una squadra che ha elevato, potenziato il concetto di collettivo, che corre più degli altri nella seconda parte della partita. È accaduto tre volte su tre: gli avversari rifiatano, i giapponesi accelerano.

Sono riusciti nell’impresa, un’altra, di sfilare la copertina della giornata di ieri al meraviglioso Marocco che ha vinto il suo raggruppamento, mettendosi alle spalle la Croazia, finalista nel 2018 in Russia e spedendo a casa il Belgio, chiudendo il ciclo di Lukuku, De Bruyne, Mertens senza un trofeo, tra Europei e Mondiali. Anche quella marocchina è una storia meravigliosa. L’ultimo acuto ai Mondiali è avvenuto nel 1986. La classe di Ziyech, poi Hakimi e un manipolo di calciatori che è cresciuto nel calcio europeo, accumulando presenze e conoscenze. Da Milano a Napoli, la comunità marocchina ha festeggiato, ha brindato alla nazionale che rilancia il Nordafrica del calcio, in cui dà un segnale forte anche la Tunisia vincitrice sulla Francia, che era già qualificata ma che ha fatto entrare Mbappè a gara in corso.

Dunque, pare che il calcio voglia riscrivere le sue tavole della legge. L’Italia assente per la seconda volta in fila ai Mondiali, poi la Germania che esce due volte consecutive nella fase a gironi. E la Spagna dei giovani che ha rischiato davvero tanto di uscire, assieme ai tedeschi, concedendo il suo posto al Costarica. Solo gli inglesi, pure sofferenti nel pareggio con gli Stati Uniti, hanno dato la sensazione di essere assai competitivi. Ma restano gli inglesi, appunto: spesso falliscono il colpo decisivo. E se la Francia comunque resta la favorita per il titolo, assieme al Brasile – ma attenzione all’Argentina di Messi e Di Maria – va sottolineato il torneo degli americani. Veloci, forti, con prodotti della Major Soccer League e soprattutto con talenti cresciuti nelle academies, portate negli Stati Uniti qualche anno fa dal ct tedesco Jurgen Klinsmann. Senza dimenticare che pure il Canada di Alphonso Davies, nonostante tre sconfitte su tre nel suo girone, è stato competitivo, all’altezza, dopo decenni di partite con El Salvador e Trinidad & Tobago. Ma ha battuto un colpo anche l’Australia, seconda nel girone dei francesi. Per gli aussies, agli ottavi per la prima volta dopo il 2006, domani c’è un appuntamento con la leggenda: c’è l’Argentina, c’è Messi che rincorre il titolo e Diego.

Di Nicola Sellitti

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