Sinner: “Auguro a tutti genitori come i miei”
Il ringraziamento inviato da Jannik Sinner ai suoi genitori dal palco alla premiazione dell’Australian Open è tutt’altro che scontato
Sinner: “Auguro a tutti genitori come i miei”
Il ringraziamento inviato da Jannik Sinner ai suoi genitori dal palco alla premiazione dell’Australian Open è tutt’altro che scontato
Sinner: “Auguro a tutti genitori come i miei”
Il ringraziamento inviato da Jannik Sinner ai suoi genitori dal palco alla premiazione dell’Australian Open è tutt’altro che scontato
Il ringraziamento inviato da Jannik Sinner ai suoi genitori dal palco alla premiazione dell’Australian Open è tutt’altro che scontato
Jannik Sinner era un talento dello sci italiano. Cresciuto sulle Dolomiti, a un passo dalle Tre Cime di Lavaredo, a San Candido, Sesto Pusteria, a un passo dall’Austria. Papà cuoco (ora è il suo cuoco ufficiale), mamma cameriera, è iniziato allo sci a quattro anni. A otto anni vince le prime gare sugli scarponi, a 12 anni era campione italiano di slalom gigante nella sua categoria. Un predestinato, insomma, nella terra di miti della neve come Isolde Kostner, Armin Zoeggeler.
Era più forte tra i paletti che con la racchetta. Poi a poco più di 12 anni si è allontanato da casa, 700 km in auto verso Bordighera, dove sarebbe stato preso in consegna da Riccardo Piatti, uno dei migliori insegnanti di tennis a livello mondiale. La leggenda – ma è da confermare – vuole che Jannik si sia congedato da mamma e papà con una semplice stretta di mano, alla volta della scuola del maestro Piatti, il suo mentore, prima della coppia Vagnozzi-Cahill che l’ha condotto alla grandezza.
Chiunque avrebbe dubitato, forse gli stessi genitori di Sinner sono stati avvolti dai dubbi sulla scelta del ragazzo, che invece da Melbourne – una volta vinto il suo primo torneo del Grand Slam – ha sottolineato la libertà di scelta che gli è stata concessa, anche la possibilità di “bucare” quella scelta, come molte volte avviene nella vita di tutti i giorni, a qualunque età. Jannik li ha ringraziati pubblicamente, augurando a chiunque di avere genitori come i suoi.
Insomma, scegliere, mettersi alla prova, sbagliare e imparare dagli sbagli. Ora, partendo dall’assunto, anche ovvio, che non tutti hanno il talento a disposizione di Jannik Sinner – uno di quelli che passa una volta ogni 20 anni, almeno -, basta compiere un giretto sui campetti di calcio, già dai 5-6 anni, per intercettare genitori che spingono ossessivamente i figli, li caricano di aspettative e consigli, discutono con gli allenatori sui metodi di allenamento. E scavalcando nel professionismo, quanti talenti si sono perduti per il peso esercitato dai genitori, soprattutto se allenatori o improvvisati manager.
L’elenco è infinito e si aggiorna a tempi record, perché i soldi fanno gola e la fama di notorietà forse anche di più. Per questo, anche per questo, la storia di Jannik Sinner è merce davvero rara.
di Nicola Sellitti
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