Sinner, il Tomba degli anni 2000
Jannik Sinner oggi è l’Alberto Tomba di 35 anni fa, l’uomo che fermava l’Italia e che faceva emozionare tutti a qualunque età
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Sinner, il Tomba degli anni 2000
Jannik Sinner oggi è l’Alberto Tomba di 35 anni fa, l’uomo che fermava l’Italia e che faceva emozionare tutti a qualunque età
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Sinner, il Tomba degli anni 2000
Jannik Sinner oggi è l’Alberto Tomba di 35 anni fa, l’uomo che fermava l’Italia e che faceva emozionare tutti a qualunque età
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Jannik Sinner oggi è l’Alberto Tomba di 35 anni fa, l’uomo che fermava l’Italia e che faceva emozionare tutti a qualunque età
Dopo la semifinale vinta contro Nole Đjoković avevamo ricordato come Jannik Sinner fosse il prototipo del campione anche per la meravigliosa capacità di vincere o… imparare. Sempre, in ogni partita andata bene e in quelle meno fortunate. Ricordavamo la dura lezione subita dal fenomenale serbo a Wimbledon la scorsa estate o anche la netta differenza apparsa ancora alle ATP Finals.
In questi due casi, però, erano passati mesi, pieni di studio, applicazione maniacale e lavoro psicologico. Nel caso del trionfo agli Australian Open contro Danil Medvedev siamo a una partita persa, acciuffata per i capelli e poi vinta nel giro di minuti. Sia chiaro, ne abbiamo viste decine di partite ribaltate, in particolar modo nel tennis dei tre set su cinque. Altre volte giocatori venir fuori da sconfitte apparse inevitabili, ma il modo in cui l’azzurro ha trovato il modo e la forza di fare ‘clic’ nella testa ha dell’incredibile.
Nei primi due set, in parole povere, non c’aveva capito nulla ed era stato lui stesso a “confessarlo“ chiedendo al proprio angolo cosa diavolo dovesse fare contro un avversario che le stava azzeccando tutte. Tecnicamente e tatticamente. Poi, dalla terza partita, ecco quella sublime capacità che è propria dei fuoriclasse di vivere ogni punto in quanto tale. Senza pensare, senza riflettere, senza pianificare oltre ciò che servisse per tornare nella partita, rivoltarla come un guanto e sconvolgere psicologicamente l’avversario.
E non stiamo parlando di uno qualsiasi, ma di uno dei più forti in assoluto, anche se forse mai del tutto capace di controllarsi al 100% nei momenti topici. Comunque sia, un atleta destinato ai primi 3-5 posti del ranking mondiale per anni.
Solo che tutto questo e contro un giocatore come Medvedev, Jannik Sinner lo ha fatto a 22 anni, in una finale di uno Slam. Giocata da favorito. Un appuntamento che ti porta dritto nella storia del nostro sport.
L’ha fatto instillando quasi un senso di ineluttabilità nell’avversario: di dover fare i conti prima o poi con il “vero” Sinner e subito dopo di veder arrivare la sconfitta. Logica alla vigilia per la forza e la superiorità dell’azzurro, ma comunque ai confini dell’assurdo solo un’ora prima.
Jannik Sinner oggi è l’Alberto Tomba di 35 anni fa, l’uomo che fermava l’Italia. Adesso tocca a Sinner abbattere i confini degli appassionati e delle parrocchie, trascinando il tennis nelle case di tutto il Paese. Nei pensieri di anziani, ragazzi, sciure e piccini che non hanno mai visto una racchetta. Come a fine anni Ottanta nulla in tanti sapevano di slalom, ma che importava.
C’era e c’è l’emozione: totale, assoluta, da conservare gelosamente. Per i milioni di italiani che hanno seguito come hanno potuto la partita negata in chiaro (complimenti…), rivivendo o sperimentando per la prima volta i tempi delle radioline. Oggi è tutto digitale, ma ci sono cose che non cambiano mai. Grazie al cielo.
di Fulvio Giuliani
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