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Sinner, l’italiano atipico conquista il mondo

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Jannik Sinner è un italiano profondamente atipico, senza fare di questa atipicità un elemento per forza positivo o negativo

Sinner

Sinner, l’italiano atipico conquista il mondo

Jannik Sinner è un italiano profondamente atipico, senza fare di questa atipicità un elemento per forza positivo o negativo

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Sinner, l’italiano atipico conquista il mondo

Jannik Sinner è un italiano profondamente atipico, senza fare di questa atipicità un elemento per forza positivo o negativo

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Jannik Sinner è un italiano profondamente atipico, senza fare di questa atipicità un elemento per forza positivo o negativo. Sinner sembra essere nato per smentire una montagna di luoghi comuni su di noi e il nostro Paese.

A partire proprio dalla molto presunta “non italianità”, determinata dall’essere altoatesino e di lingua madre tedesca. In realtà, come tanti italiani che non hanno nulla a che vedere con l’olografia pizza e mandolino, caciaroni, genialoidi e insofferenti a regole e organizzazione.

La forza dei luoghi comuni è però tale da far inarcare legioni di sopracciglia, oggi come ieri. Figurarsi nello sport, universo in cui i numerosi trionfi italiani sono stati quasi sempre firmati da personaggi debordanti, personalità magnetiche e istrioniche. Da campioni “rumorosi”, proprio come lo straniero si aspetta sia l’italiano medio.
Un po’ l’effetto ricercato dal turista in visita nel Paese più bello del mondo, convinto di dover trovare il ristorante casinaro, il cantante a ogni angolo di strada e il caos scientificamente organizzato a fare da sfondo alla bellezza e alla storia.

Poi ti arriva uno così, che non ha alcuna remora a esplorare le vie del prevedibile, definendo il trionfo a Wimbledon “un sogno”, per aggiungere un istante dopo di non aver pianto. Ma come, neppure una lacrima, proprio tu italiano?
Le lacrime le lascia a mamma Siglinde – che non potrebbe avere nome meno italiano ma ha mostrato emozioni tricolori fin nel profondo, distrutta dalla tensione a Parigi come a Londra – mentre a papà Hanspeter, che sembra uscito da Heidi, riserva un abbraccio caldo e misurato.

Le parole sono molto più preziose dei gesti a favore di telecamera. Jannik non ha mangiato i fili d’erba del sacro campo come Nole Djokovic, non si è rotolato: ha sollevato le braccia al cielo nel momento del trionfo e si è goduto due secondi cronometrati di gioia totale. Perché due secondi sono più che sufficienti per entrare nella storia del tennis e d’Italia.

Jannik Sinner è di gran lunga l’italiano più famoso al mondo, noto e celebrato ovunque grazie all’impatto senza tempo del torneo dei tornei.
Non è necessario sapere di tennis per aver sentito parlare di Billie Jean King, la donna che portò le battaglie femministe fin nelle austere sale della Clubhouse dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club. Di Arthur Ashe, unico nero nel mondo che fu dei gesti bianchi. Di Bjorn Borg e John McEnroe, titolari di una delle rivalità più belle e poetiche di tutti i tempi dello sport, di Andre Agassi e dei suoi demoni, delle sorelle Williams planate sui campi di gioco per cambiare per sempre il tennis femminile, di Roger Federer che sembrava giocare in smoking o – meglio – in tight visti gli orari di Wimbledon. Come della ferocia agonistica disperata del suo rivale e amico di una vita Rafa Nadal.

È Wimbledon, cari amici, che Jannik Sinner ha domato con la classe e la bellezza del predestinato calmo.

di Fulvio Giuliani

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