Sinner non è un calciatore
Sinner vince ed è festa; Sinner perde e tutti subito a cercare la causa, quello che non va. È un modo superficiale e pericoloso di trattare l’argomento

Sinner non è un calciatore
Sinner vince ed è festa; Sinner perde e tutti subito a cercare la causa, quello che non va. È un modo superficiale e pericoloso di trattare l’argomento
Sinner non è un calciatore
Sinner vince ed è festa; Sinner perde e tutti subito a cercare la causa, quello che non va. È un modo superficiale e pericoloso di trattare l’argomento
Sinner è già sui prati londinesi dell’Old England Club. Alcaraz pure. La distanza tra i due in classifica è ancora ampia, oltre 1.100 punti. L’italiano sarà matematicamente numero uno al mondo almeno per un altro mese, se non di più. Non ha cambiali corpose da affrontare a Wimbledon: sono 400 punti (lo scorso anno uscì ai quarti di finale contro Daniil Medvedev), mentre lo spagnolo dovrà difendere i 2mila punti ottenuti con il successo della scorsa edizione. Lo scenario per il primo posto mondiale sarà decisamente diverso con l’arrivo dei tornei sul cemento all’aperto dell’estate americana: da fine luglio a fine anno, Sinner dovrà difendere 6mila punti, perché lo scorso anno mise in fila i Master 1000 di Cincinnati e Shanghai, lo Us Open e le Atp Finals.
Questa è la situazione ‘contabile’ della classifica Atp di Jannik Sinner, oggetto continuo d’interesse per l’esercito di italiani che, con approccio mutuato dal calcio, sono dalla sua parte. Sinner vince ed è festa; Sinner perde e tutti subito a cercare la causa, quello che non va. È un modo superficiale e pericoloso di trattare l’argomento, ne abbiamo già scritto. Potrebbe preoccupare invece l’impatto emotivo che si è prodotto sul numero uno del mondo nelle ultime settimane. Dopo la squalifica di tre mesi per doping, Sinner è rientrato andando subito in fondo a Roma (e perdendo in finale da Alcaraz), poi al Roland Garros (cedendo di nuovo il passo allo spagnolo, dopo aver visto svanire tre match point).
All’indomani dell’eliminazione ad Halle (per mano del kazako Bublik, che ha poi vinto il torneo) il fenomeno italiano ha spiegato di aver bisogno di staccare per qualche giorno, dopo essere tornato nel circuito da un mese. Non è soltanto il balzo dalla terra all’erba che va metabolizzato, quanto piuttosto il peso della situazione emotiva, delle sue aspettative, del team, dei tifosi. L’obbligo di vincere, la pressione di vincere. Forse, non quello di dover mantenere con le unghie e con i denti proprio la prima posizione mondiale.
Sinner è in vetta da 55 settimane in fila, altre leggende hanno continuato a vincere e a restare al vertice anche dalla seconda o terza posizione mondiale. Lui lo sa, non può pensare di tenersi il trono in eterno. Per citare uno dei migliori di sempre, Boris Becker (sei prove del Grand Slam vinte, diverse edizioni di Coppa Davis e una lista interminabile di altri trofei) è stato numero uno al mondo per appena 12 settimane.
Forse sarebbe il caso di allargare il campo visivo e ammettere – senza alcuna deminutio per Sinner – che in questo momento Alcaraz è il migliore in circolazione, avendo vinto in poche settimane il Master 1000 di Montecarlo, poi Roma, poi il Roland Garros nell’epica finale con lo stesso Jannik, centrando anche il Queen’s. È stato continuo, senza risentire minimamente del passaggio immediato dalla terra rossa all’erba.
Insomma, è una diarchia (il primo intruso in classifica è Zverev, che è a quasi 4mila punti da Sinner), ma in questo momento Alcaraz gioca sulla sua personalissima nuvola. L’unico che regge il passo è l’italiano. In attesa che la ruota dell’ispirazione torni a girare dalla sua parte.
di Nicola Sellitti
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