Sinner schianta Shelton in 3 set e vola in finale
Australian Open: Sinner batte Shelton 7-6, 6-2, 6-2 e vola in finale – per la terza volta agli AO – contro Zverev
Sinner schianta Shelton in 3 set e vola in finale
Australian Open: Sinner batte Shelton 7-6, 6-2, 6-2 e vola in finale – per la terza volta agli AO – contro Zverev
Sinner schianta Shelton in 3 set e vola in finale
Australian Open: Sinner batte Shelton 7-6, 6-2, 6-2 e vola in finale – per la terza volta agli AO – contro Zverev
Australian Open: Sinner batte Shelton 7-6, 6-2, 6-2 e vola in finale – per la terza volta agli AO – contro Zverev
Bene, bravo Jannik, ora il bis. Sinner è il secondo finalista agli Australian Open. Battuto in tre set (7-6; 6-2; 6-2) lo statunitense Shelton, che ai quarti di finale aveva battuto Lorenzo Sonego. E’ la terza finale in una prova del Grand Slam per il numero uno al mondo, che contro il tedesco Zverev – numero due al mondo e mai a segno negli Slam – si gioca il bis a Melbourne. Primo set di lotta per Jannik, a rimettersi subito in partita dopo l’avvio fiondato di Shelton, poi il rientro, con la calma dei forti, poi il servizio perso sul 6-5, il recupero e l’approdo al tie-break, dove è stato officiato il culto di Sinner: ormai li vince in serie, diventando una specie di cubo di Rubik per gli avversari. E’ il secondo tie-break (su due disputati) in questa edizione degli Australian Open, ma il fenomeno italiano ne ha centrati 27 su 30 nella seconda parte dello scorso anno.
Numeri utili per formulare il postulato: quando la pallina pesa per davvero, Sinner scala le marce e ai dirimpettai viene il “braccino”. E’ la differenza, tra le varie differenze, tra i fuoriclasse come lui e quelli che alle finali sono costretti ad assistere, dalla tribuna o dal tinello di casa.
Dopo il primo set in bilico, ecco Sinner di governo: doppio break nel secondo parziale con Shelton rimasto a corto di argomenti, seppure l’arsenale a disposizione dello statunitense è buono, soprattutto sul cemento. E’ emersa però la consapevolezza in Shelton di non poter battere Jannik, soprattutto 3 set su 5. E’ l’Everest da scalare o il Cammino di Santiago, le forze spariscono e dall’altro lato c’è un muro di gomma che respinge le palle – anzi le fa scoppiare all’impatto con la racchetta, come raccontato da John McEnroe – a un palmo dalla linea di fondocampo.
La logica conseguenza è stato il successo in tre set per il primo giocatore al mondo che ora si trova davanti Zverev, per ribadire – ma è ormai chiaro a tutti – che è nettamente il più forte, con la distanza dagli altri che diventa quasi imbarazzante nei tornei dello Slam. Ma Sinner, perché quelli come lui hanno sotto controllo tutto o quasi, punta a unirsi a un manipolo di campioni come Murray e Wawrinka a quota tre nelle prove dello Slam. Forse Jannik avrebbe voluto contro Djokovic piuttosto che Zverev, per ricevere una volta e per tutte il testimone dalla leggenda serba, che si è ritirata alla fine del primo set per un problema fisico che lo tormentava da giorni. E’ stato anche fischiato dal pubblico (che errore, anzi orrore) del centrale australiano, dove ha vinto la finale in dieci occasioni. Intanto la stampa tedesca ha provato a portarsi in vantaggio, scrivendo di “Doping-Sinner”. Siamo sicuri, amici tedeschi, che sia il caso di stuzzicare l’orgoglio di un campione?
Di Nicola Sellitti
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