Spalletti, la Juventus, l’ipocrisia del nostro pallone
Spalletti, la Juventus, l’ipocrisia del nostro pallone. Sommersi da polemiche nauseanti e accuse esagerate, ce ne stiamo qui a rimpiangere i tempi in cui eravamo i più forti d’Europa
Spalletti, la Juventus, l’ipocrisia del nostro pallone
Spalletti, la Juventus, l’ipocrisia del nostro pallone. Sommersi da polemiche nauseanti e accuse esagerate, ce ne stiamo qui a rimpiangere i tempi in cui eravamo i più forti d’Europa
Spalletti, la Juventus, l’ipocrisia del nostro pallone
Spalletti, la Juventus, l’ipocrisia del nostro pallone. Sommersi da polemiche nauseanti e accuse esagerate, ce ne stiamo qui a rimpiangere i tempi in cui eravamo i più forti d’Europa
Luciano Spalletti è finito in un uragano di polemiche – gli capita alquanto spesso di recente – per aver raggiunto un accordo con la Juventus, dopo aver dichiarato in televisione non molti mesi fa che il Napoli sarebbe stato la sua “ultima squadra di club”.
Per aver cambiato idea e anche per essersi tatuato sul braccio lo scudetto vinto con la formazione azzurra nella splendida cavalcata del 2022-2023, si è dunque guadagnato epiteti che vanno dal “traditore” (il più gentile) a quello di “infame”, come da regolare striscione apparso nella giornata di ieri a Napoli.
Inutile star qui a perdere tempo sulla testa di certi soggetti, che solo nell’appartenenza a una banda sembrano trovare ragion d’essere, ma è altresì fondamentale ragionare su quanto il nostro sport nazionale resti legato a pratiche tribali.
Queste ultime certificano una sola cosa: il trionfo dell’ipocrisia, in cui non a caso annega la stragrande maggioranza dei protagonisti del pallone fra dichiarazioni stereotipate e un luogocomunismo imbarazzante.
Chi dice qualcosa e magari si pentirà anche – può essere il caso di Spalletti o anche no – è sempre più una mosca bianca in uno sport che sembra aver perso la propria dimensione umana e a volte anche quella propulsiva.
Sommersi da polemiche nauseanti e accuse esagerate, ce ne stiamo qui a rimpiangere i tempi in cui eravamo i più forti d’Europa.
Oggi inseguiamo quasi sempre e ci accontentiamo spesso di un piccolo cabotaggio locale, un po’ triste e malinconico.
Di Fulvio Giuliani
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