Da qualche settimana in Svizzera, a Basilea, è stato inaugurato un tram dedicato a Roger Federer. Fa parte della linea urbana, ha un’elegante livrea blu, per salire a bordo è sufficiente un biglietto tradizionale. Occasione ghiotta per fare un giro da quelle parti e, perché no, provare a incontrare se non Lui – complesso incastrarlo – qualcuno di molto prossimo. Ho fatto quello che fanno i giornalisti: ho trovato il contatto giusto per arrivare a un altro contatto che poi forse mi avrebbe messo in contatto con.
Nel giro di qualche giorno Robert, Federer senior, suo papà, ha detto ok. Primo Federer moment, citando lo scrittore David Foster Wallace a cui si deve l’espressione. Il telefono squilla, WhatsApp si illumina, non conosco il numero ma il mittente si svela. È lui: Robbie. Si firma proprio così. E aggiunge «Dear Matteo». Caro? Che uomo gentile. Mi pare incredibile: il padre del Re manda messaggi da un numero personale. Persino la spunta blu fatica a crederci. Lui conferma l’appuntamento, io faccio una cosa che mi diverte: rispondo «peRFect», giocando con le iniziali del figlio che sono anche le sue, e aggiungo l’icona della palla da tennis.
Ci vediamo alla stazione di Basilea «on Monday at 12.30». Meraviglioso, ci siamo, SkySport mi manda in Svizzera. Durante le cinque ore di treno – Basilea da Milano non è così vicina – penso che il mio ‘nuovo amico’ sarà scortato da assistenti e addetti alla comunicazione. Invece no, secondo Federer moment: il signor RF, puntualmente svizzero, è completamente solo e viene a ritirarmi praticamente al binario. Si conferma molto papà anche in questo. Verifica gli orari del ‘loro’ tram, indica la direzione, tira fuori un ticket anche per me. Quando si parte so che il viaggio sarà più importante della meta. In tutta evidenza Robert è il papà di Roger: stesse espressioni, stessi occhi. Un ‘copiaincolla’. Mi spiazza una cosa: molti lo riconoscono, nessuno gli rompe le scatole. Tutto normale, mi racconta, gli svizzeri si fanno i fatti loro.
Tra una fermata e l’altra, grazie alle sue risposte, scopro che da ragazzino ogni tanto Roger sul tram non pagava il biglietto – umano pure lui – e che il talento viene da mamma Lynette, che da piccolino era un buon calciatore, che adesso si gode la famiglia mentre pensa al rientro e che un torneo importante non lo vincerà più. Stop! Terzo Federer moment. Cosa? Riavvolgiamo il nastro. Domanda: «Roger può ancora trionfare in uno Slam?». Risposta secca: «No, non lo farà». Oddio. Poi aggiunge: «Non chiedermi questa cosa». Che tenero. E chiude: «Bisogna vedere». Falsa speranza. Da giornalista ho fatto centro: il titolo c’è, ed è pure grosso. Da federeriano fatico a non commuovermi. Lo so già che l’eternità non appartiene nemmeno a Federer, ma le cose dette dai papà fanno sempre un altro effetto. Grazie di tutto, Robert. Non dimenticherò questa giornata.
Di Matteo Renzoni
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