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L’impresa leggendaria di Tiina Lillak

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Il giorno di Tiina Lillak, il cui giorno in cui il destino stabilì che l’amore di un popolo per il giavellotto dovesse essere premiato
Tiina Lillak

L’impresa leggendaria di Tiina Lillak

Il giorno di Tiina Lillak, il cui giorno in cui il destino stabilì che l’amore di un popolo per il giavellotto dovesse essere premiato
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L’impresa leggendaria di Tiina Lillak

Il giorno di Tiina Lillak, il cui giorno in cui il destino stabilì che l’amore di un popolo per il giavellotto dovesse essere premiato
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Erano tanti coloro che pensavano che i mondiali di atletica si sarebbero rivelato un flop, bollandoli come un inutile doppione delle Olimpiadi. A spingere per l’esperimento Primo Nebiolo, visionario presidente della Federazione internazionale, che indicò subito la sede della prima edizione nel 1983: Helsinki. A chi obiettava che fosse una città piccola rispetto ad altre realtà mondiali, il dirigente torinese oppose due valide ragioni. La prima: solo la capitale finlandese assicurava il pienone del suo stadio Olimpico, contorno scenico importantissimo per gli atleti e, soprattutto, per le televisioni. La seconda ragione – discendente direttamente dalla prima – l’incondizionato amore dei finlandesi per lo sport e in particolare per l’atletica leggera. Amore che in una specialità, quella del giavellotto, diventa religione. Basta ricordare come la torre di Maratona dello stadio Olimpico di Helsinki sia alta 72,71 metri: non è una misura casuale, ma quella con cui Matti Jarvinen vinse l’oro ai Giochi Olimpici del 1932. Giornata indimenticabile, in cui Matti Sippala ed Eino Penttila andarono a completare un podio tutto finlandese che un popolo intero volle immortalare per sempre con la torre dello stadio Olimpico.

Logico dunque che fosse proprio la gara di giavellotto la più attesa, specie quella femminile: Tiina Lillak – ventiduenne di Helsinki dagli occhi chiari e i capelli biondi e ricci – nel 1983 era imbattuta e il 13 giugno a Tampere aveva stabilito il record mondiale lanciando a 74,76 metri. Nessun dubbio che due mesi esatti dopo, il 13 agosto, Tiina fosse la logica favorita per il titolo, ma al primo lancio l’inglese Fatima Whitbread piazzò un 69,14 contro cui Tiina e tutte le avversarie andarono a sbattere. Lei rispose con un 67,34, si migliorò con 67,46 al quinto lancio, ma eravamo ancora a oltre un metro e mezzo di distanza dalla leader. Restava un solo tentativo, il sesto, e soltanto l’educazione e la cultura dei finlandesi per lo sport imponevano di continuare a crederci. Già, educazione e cultura di un intero popolo che conosce perfettamente i meccanismi tecnici del gesto del giavellottista.

Così al sesto lancio, non appena l’attrezzo venne rilasciato dalla potente spallata di Tiina, tutti avevano già capito: ottimi il tempismo, l’angolo di uscita, l’inclinazione della traiettoria del giavellotto, che non era bassa ma nemmeno si impuntava verso l’alto. Perfetta, come sapeva ogni spettatore in tribuna, perché in Finlandia chiunque potrebbe fare il tecnico della specialità. L’urlo di 40mila persone che sembrava sostenere il giavellotto mentre solcava il cielo, si trasformò in un boato quando l’attrezzo si piantò a 70,82 metri. Tiina corse felice sulla pista dello stadio Olimpico, all’ombra di quella torre di Maratona simbolo di un culto, mentre la Whitbread versava lacrime per un titolo sfuggito all’ultimo lancio. La Storia l’avrebbe ripagata quattro anni dopo, con l’oro mondiale conquistato a Roma. Quello però era il giorno di Tiina Lillak. E il destino aveva stabilito che l’amore di un popolo per il giavellotto dovesse essere premiato.

di Nicola Roggero

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