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Una storiaccia
Che qualcuno dello staff di Filippo Tortu e peggio ancora il fratello ora indagato possa aver cercato – fatto cercare a noti spioni – tracce di colloqui compromettenti a carico di Marcell Jacobs per “beccarlo” sul doping è al una cialtronata sconfortante e un pacco di dinamite posto alle fondamenta della squadra italiana
Una storiaccia
Che qualcuno dello staff di Filippo Tortu e peggio ancora il fratello ora indagato possa aver cercato – fatto cercare a noti spioni – tracce di colloqui compromettenti a carico di Marcell Jacobs per “beccarlo” sul doping è al una cialtronata sconfortante e un pacco di dinamite posto alle fondamenta della squadra italiana
Una storiaccia
Che qualcuno dello staff di Filippo Tortu e peggio ancora il fratello ora indagato possa aver cercato – fatto cercare a noti spioni – tracce di colloqui compromettenti a carico di Marcell Jacobs per “beccarlo” sul doping è al una cialtronata sconfortante e un pacco di dinamite posto alle fondamenta della squadra italiana
Che qualcuno dello staff di Filippo Tortu e peggio ancora il fratello ora indagato possa aver cercato – fatto cercare a noti spioni – tracce di colloqui compromettenti a carico di Marcell Jacobs per “beccarlo” sul doping è al una cialtronata sconfortante e un pacco di dinamite posto alle fondamenta della squadra italiana
Questa è una storia brutta, anzi bruttissima. Che qualcuno dello staff di Filippo Tortu e peggio ancora il fratello ora indagato possa aver cercato – mi correggo, fatto cercare a noti spioni – tracce di colloqui compromettenti a carico di Marcell Jacobs per “beccarlo” sul doping è al contempo una cialtronata sconfortante (la medaglia, nel caso, l’avrebbe persa anche Filippo) e un pacco di dinamite posto alle fondamenta di una squadra che ha regalato al Paese uno dei più grandi successi della sua storia sportiva con l’Oro della staffetta di Tokyo 2020.
Non capiamo, non tolleriamo, ancor meno giustifichiamo e registriamo l’umana e sconfortante debolezza di cercare il segreto inconfessabile in chi si è mostrato semplicemente più forte di tutti e quindi anche del tuo fratello-assistito. Eppure qui siamo oltre.
Se dovesse essere confermato quanto sembrerebbe emergere dall’indagine sull’organizzazione di hacker milanesi, il fratello e manager del velocista azzurro Filippo Tortu avrebbe cercato tracce concrete di quelle voci e quegli spifferi senza uno straccio di prova che hanno inseguito Jacobs (e resogli ben difficile la vita) dall’indimenticabile trionfo olimpico di Tokyo in avanti.
Troppo forte, troppo veloce, troppo improvviso per tanti in questo ambiente zeppo di veleni, almeno quanto di sospetti.
Solo che non è mai emerso niente di niente, Marcell Jacobs è un atleta pulito al pari dei suoi compagni di staffetta. Degli “eroi“ della 4X100.
Le rivalità e le gelosie sono un conto, ma questa è una schifezza illeggibile. Se dovesse reggere in tribunale, qualcuno dovrebbe pesantemente pagarne le conseguenze anche in termini sportivi. Per il momento, l’enorme danno è a carico della squadra, dei nostri colori, della nostra onorabilità e di una federazione che si ritrova a gestire qualcosa ai limiti dell’impossibile.
Garantisti lo siamo sempre, ma ancora dotati dei cinque sensi. Filippo Tortu ha affidato a uno scarno comunicato una presa di distanza che a oggi è il minimo sindacale. Cerchiamo di non prenderci in giro: non basta neanche un po’.
È il suo team a doverci spiegare molte cose, ben prima dei tempi della giustizia ordinaria. Perché in questa faccenda vediamo una vittima, Marcell Jacobs, oggetto della più italiana e incrostata delle invidie: quella per chi ha successo e vince.
Se la Federatletica dovesse pensare di mettere la testa sotto la sabbia (per ora è stata annunciata un’indagine), trincerandosi dietro il lavoro della magistratura ordinaria, commetterebbe un errore gravissimo. Quanto a chi avesse pensato di agire inquinando le emozioni che provammo in quei giorni, non ci resta che la pena.
di Fulvio Giuliani
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