Un calcio alla passione
Spintoni e parole indecenti. Il rispetto del lavoro altrui e dei valori che dovrebbero essere alla base di qualsiasi giornata dedicata al calcio sembrano evaporati
Un calcio alla passione
Spintoni e parole indecenti. Il rispetto del lavoro altrui e dei valori che dovrebbero essere alla base di qualsiasi giornata dedicata al calcio sembrano evaporati
Un calcio alla passione
Spintoni e parole indecenti. Il rispetto del lavoro altrui e dei valori che dovrebbero essere alla base di qualsiasi giornata dedicata al calcio sembrano evaporati
Spintoni e parole indecenti. Il rispetto del lavoro altrui e dei valori che dovrebbero essere alla base di qualsiasi giornata dedicata al calcio sembrano evaporati
Avevo praticamente appena finito di scrivere di rugby, all’indomani della conclusione del miglior VI Nazioni della storia azzurra e senza risparmiare critiche ai luoghi comuni in forma ovale. Planare, però, sul pianeta calcio è stato – come troppo spesso capita ultimamente – uno shock.
Siamo reduci dalla settimana delle ennesime sparate di Aurelio De Laurentiis, arrivato a provare a decidere con chi un suo calciatore debba realizzare un’intervista o con chi no, in base al tifo (ovviamente presunto esclusivamente da lui, il presidentissimo) del giornalista medesimo. Roba da Corea del Nord. Non soddisfatto, condendo il tutto con una bella spintonata al cameraman. Siamo transitati dalle parole indecenti di un altro presidente, il laziale Lotito, che non è riuscito a far nulla di meglio subito dopo la volgare aggressione subita dal suo capitano Ciro Immobile di stare a ricordare quante volte sarebbe stato minacciato lui. Passano poche ore e, dopo l’ennesima partita oggettivamente inguardabile della sua Juventus, l’allenatore bianconero Massimiliano Allegri si presenta in televisione e di fatto non accetta domande, rifiutandosi di rispondere e sentenziando che i giornalisti “non dovrebbero capire”, ma… fare domande. Quelle a cui lui rifiuta di rispondere. Capiamo lo stress, la delusione, ma ci mettiamo a ridere per non piangere.
Ormai il rispetto del lavoro altrui, dei valori che dovrebbero essere alla base di qualsiasi giornata dedicata al calcio sembrano evaporati, dimenticati sotto un mare di supponenza, schiacciati da ego ipertrofici. Il processo è in corso da tempo: tutte le cifre di attenzione, partecipazione, passione tendono inesorabilmente al basso e nessuno che azzardi un esame di coscienza.
Sempre peggio, sempre più giù, sempre più lontani dalla testa e dal cuore.
Di Fulvio Giuliani
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