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Yeman Crippa corre anche per noi

La storia e il successo di Yeman Crippa dovrebbero ricordarci la bellezza dell’integrazione e della meritocrazia sportiva.
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Yeman Crippa corre anche per noi

La storia e il successo di Yeman Crippa dovrebbero ricordarci la bellezza dell’integrazione e della meritocrazia sportiva.
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Yeman Crippa corre anche per noi

La storia e il successo di Yeman Crippa dovrebbero ricordarci la bellezza dell’integrazione e della meritocrazia sportiva.
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La storia e il successo di Yeman Crippa dovrebbero ricordarci la bellezza dell’integrazione e della meritocrazia sportiva.
Questa mattina, su La Ragione, scrivo della bellissima storia di Yeman Crippa, Oro ai Campionati europei di atletica leggera a Monaco di Baviera. La storia di Yeman è un romanzo, ragazzino cresciuto poverissimo sugli altopiani etiopici e adottato con fratelli e cugini da una coppia milanese, in seguito trasferitasi in Trentino. La storia di un amore donato, strade in terra battuta su cui sognare e una nuova vita in un altro mondo. Una seconda opportunità per questo ragazzo dal sorriso contagioso, arrivata dalla sua nuova famiglia italiana. Una vita destinata a passare dalle piste del mezzofondo, grande tradizione azzurra un po’ appannata negli anni. Ne scrivo sul quotidiano oggi in edicola, perché credo che sia insopportabilmente ipocrita il dibattito che ogni volta si agita intorno i campioni di colore in maglia azzurra. Volgarmente strattonati da destra come da sinistra, per i più banali fini di immagine e – oggi – elettorali. Chi inneggia al buonismo fine a se stesso, dimenticando il buon senso e l’esigenza di regolamentare un fenomeno epocale e di incredibile complessità, chi agita ridicoli fantasmi di sostituzione etnica o sciocchezze (diciamolo pure, boiate) simili. Un rumore di fondo inutile e irrispettoso della storia personale di campioni come Yeman, Paola Egonu o Marcell Jacobs, che si è già ritagliato un posto nella storia dello sport e non solo di questo Paese. Ragazzi, provo ad argomentare nell’articolo di oggi, che andrebbero additati essenzialmente come meravigliosi esempi di integrazione, oltre che motivo di orgoglio. L’integrazione garantita da un mondo che non conosce scorciatoie e imbrogli, se si vuole emergere senza barare: lo sport. Egualitario, onesto, capace di riconoscere il giusto merito allo spirito di sacrificio e alla dedizione di chi vi si dedichi anima e corpo. Che tu sia bianco, giallo, nero, alto, basso, con gli occhi azzurri o i capelli crespi. È la magnifica varietà di una gara di mezzofondo alla linea di partenza, tutti con le stesse possibilità. Poi, tocca a ciascuno, per ciò che si è saputo costruire con i propri talenti, la voglia di lasciare un segno e di mettere in pratica gli insegnamenti dei maestri. Un’integrazione che va molto oltre il colore della pelle e che dovremmo ficcarci tutti in testa, a cominciare da chi continua a prestare orecchio alle sirene del disfattismo e della lamentela perpetua. Al dare sempre la colpa agli altri. Guardiamo le volate di Yeman Crippa o Marcell Jacobs e concediamoci di pensare cosa ci sia dietro, se vogliamo imparare qualcosa. Di Fulvio Giuliani

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