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Zoff fa 80

Zoff fa 80

Dino Zoff, un uomo da record per anni portiere più imbattuto in Italia e con la Nazionale. Il racconto attraverso quei suoi guanti arancioni, mai utilizzati. Una coperta di Linus, chissà.
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Dino Zoff, un uomo da record per anni portiere più imbattuto in Italia e con la Nazionale. Il racconto attraverso quei suoi guanti arancioni, mai utilizzati. Una coperta di Linus, chissà.
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Zoff fa 80

Dino Zoff, un uomo da record per anni portiere più imbattuto in Italia e con la Nazionale. Il racconto attraverso quei suoi guanti arancioni, mai utilizzati. Una coperta di Linus, chissà.
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Dino Zoff, un uomo da record per anni portiere più imbattuto in Italia e con la Nazionale. Il racconto attraverso quei suoi guanti arancioni, mai utilizzati. Una coperta di Linus, chissà.
I guanti arancioni. Non li ha mai usati. Sul finire di carriera se li è portati dietro in ogni dove. Stretti nelle mani nelle foto di rito, insieme al paio scelto per la partita, quindi conficcati provvisoriamente sul retro dei pantaloncini, compressi tra elastico e schiena durante lo scambio dei gagliardetti, lui quasi sempre capitano fra Juventus e Nazionale. Poi, una volta esauriti i preliminari, con la scelta tra campo e pallone, eccoli adagiati a fianco della sua porta. Un metro circa, non di più, dal palo alla sua sinistra. E appena l’arbitro fischia la fine, il primo pensiero è per loro, subito recuperati per la gara successiva. I guanti arancioni. Il paio di scorta del classico modello Uhlsport, nero, grigio e rosso, quello usato nelle partite decisive del Mundial del 1982 e sistematicamente con la Juventus. Guanti titolari e riserve, anche qui una gerarchia che non ha conosciuto deroghe né ha lasciato spazio ai sentimentalismi. I guanti arancioni come Piloni, Alessandrelli, Bodini, i suoi dodicesimi che si sono alternati in panchina, con tanto di tuta e radiolina, nei suoi undici anni in bianconero. 330 partite senza mai una sosta ai box, a eccezione della mezzoretta finale contro l’Avellino nel 1979 che costò cara al povero Alessandrelli, ma questa è un’altra storia. I guanti arancioni. Puliti, intonsi, integri, magari con l’etichetta del prezzo ancora appiccicata all’interno. Eppure sempre presenti. Una coperta di Linus, chissà. Magari una semplice abitudine, senza alcuna spiegazione filosofica o ultraterrena accessoria. Oppure una vera e propria superstizione. Ma no, dai. Perché uno come Zoff non poteva essere superstizioso. Chissà. Lo hanno dipinto spesso come musone, freddo e distaccato, una sfinge. Non era così. Poco incline al volo e allo spettacolo, secondo alcuni. Vestito di nero e poi di grigio, troppo serio e serioso. Insomma, uno come Albertosi – suo rivale per molti anni anche in azzurro – colpiva di più la fantasia popolare con le sue divise colorate, il capello lungo e il baffo senile. Dinozoff, tutto attaccato, è stato altro. «Un monumento della fiducia popolare», come da sublime pennellata dell’indimenticato Beppe Viola. «Parata di Zoff» declamava Nando Martellini e tornava la pace. Un uomo da record, per anni portiere più imbattuto in Italia e con la Nazionale. La camera che divideva con Scirea al Mundial del 1982 era chiamata la Svizzera. Scudetti, coppe, vittorie e successi anche da allenatore. Unico giocatore azzurro ad aver vinto un Campionato europeo e un Mondiale. All’Olimpico di Roma, nel 1968, con il numero 22 sulle spalle, titolare di una Nazionale che rinasceva dalle vergognose ceneri della Corea. Mazzola e Rivera insieme, il baby Anastasi bomber di serata, il ritrovato Gigi Riva e lui che penzola attaccato alla traversa della sua porta, mentre lo stadio si illumina con migliaia di fiaccole. In Spagna capitano a quarant’anni. L’uscita bassa su Cerezo e la parata di sempre, a inchiodare sulla linea di porta la schiacciata di testa di Oscar, all’ultimo minuto della fantastica sfida con il Brasile. Con i guanti arancioni lì. A un metro, non di più, dalla leggenda.   di Nicola Calzaretta

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