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Diamo la scossa al dibattito e alle paure

La transizione ecologica non è un pomposo annuncio dell’Unione europea ma un tema che influenzerà progressivamente le nostre abitudini di vita.
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Diamo la scossa al dibattito e alle paure

La transizione ecologica non è un pomposo annuncio dell’Unione europea ma un tema che influenzerà progressivamente le nostre abitudini di vita.
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Diamo la scossa al dibattito e alle paure

La transizione ecologica non è un pomposo annuncio dell’Unione europea ma un tema che influenzerà progressivamente le nostre abitudini di vita.
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La transizione ecologica non è un pomposo annuncio dell’Unione europea ma un tema che influenzerà progressivamente le nostre abitudini di vita.
Ne ho voluto scrivere un altro giorno su La Ragione, perché sull’elettrificazione della mobilità continua una litania noiosa e sconfortante. Amplificata dal voto dell’Europarlamento per lo stop ai veicoli termici dal 2035. “Perderemo posti di lavoro – il calcolo è quello di sempre, 70mila in Italia e 500mila Europa – non siamo pronti, vincerà la Cina, non abbiamo le colonnine di ricarica, etc…”. Le stesse parole da anni, come se la realtà fosse statica, la transizione ecologica destinata a restare un pomposo annuncio dell’Unione europea e non a influenzare progressivamente le nostre abitudini di vita. Problemi ce ne sono? Certo, ma perché nessuno parla delle opportunità? Perché nessuno parla mai ricerca sulle batterie, che sarà il nuovo traguardo del futuro dell’automotive? Perché in Italia se si parla di gigafactory, le gigantesche fabbriche dove si producono i veicoli elettrici e le batterie per questi ultimi, se va bene si finisce nelle nebbie, altrimenti non si dà alcun credito agli investimenti annunciati (Stellantis a Termoli e Italvolt a Ivrea)? Perché c’è una resistenza al cambiamento che si sposa ad una visione al rallentatore della crescita da parte di non pochi ambienti industriali e politici. Molti sono spaventati, altri non conoscono la materia, altri ancora semplicemente hanno paura di essere espulsi dal mercato. Così si moltiplicano gli allarmi – negli ultimi giorni Sole 24 Ore e Corriere della Sera – ignorando opportunità e traguardi. Solo sulle batterie, Stati Uniti e Europa possono fare tantissimo nella ricerca su nuove soluzioni. Non c’è scritto da nessuna parte che debbano essere prodotte solo in Cina, come ci ha ricordato – per l’articolo de La Ragione – Marco Pinetti, direttore della fiera della mobilità elettrica E-Tech Europe: “Tesla punta sulle celle litio/ferro/fosfato – per sostituire quelle a ioni di litio che ancora per un po’ saranno le batterie di riferimento – con una durata maggiore e cicli di carica più rapidi, senza compromettere troppo le prestazioni. Ultima frontiera della ricerca, poi, le batterie allo stato solido, che appaiono molto promettenti e arriveranno sul mercato probabilmente nel 2025». Cioè domani. Quanto alle colonnine di ricarica, lamentarsi e dire che non ce ne sono in Italia è facile. Può farlo anche un bambino, compito di chi è il responsabile della cosa pubblica è realizzare infrastrutture. Abbiamo i soldi del PNRR per fare anche questo. Vediamo di darci una… scossa. Di Fulvio Giuliani

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