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Eccellenze aereospaziali italiane lontane dalla politica

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In migliaia da tutto il mondo sono arrivati in Italia per parlare di esplorazione spaziale. Un bel pezzo della filiera è italiano

Congresso astronautico internazionale Iac 2024

Eccellenze aereospaziali italiane lontane dalla politica

In migliaia da tutto il mondo sono arrivati in Italia per parlare di esplorazione spaziale. Un bel pezzo della filiera è italiano

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Eccellenze aereospaziali italiane lontane dalla politica

In migliaia da tutto il mondo sono arrivati in Italia per parlare di esplorazione spaziale. Un bel pezzo della filiera è italiano

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Si è chiuso ieri a Milano il Congresso astronautico internazionale Iac 2024. Non una fiera come le altre, considerando i relatori: scienziati, professionisti del settore e, ovviamente, astronauti. In migliaia da tutto il mondo sono arrivati in Italia per parlare di esplorazione spaziale e di tutta la filiera che le ruota (meglio ancora: gravita) attorno. Ed è buona cosa ricordare che un bel pezzo di quella filiera è italiano, come del resto gli italiani presenti al congresso hanno voluto sottolineare almeno in questa occasione. Il primo dato è forse quello più interessante di tutti: quasi la metà dell’intera Stazione spaziale internazionale è stata costruita da noi. E da noi – in modo particolare a Torino – si stanno progettando, testando e costruendo i prossimi moduli spaziali, quelli che orbiteranno intorno alla Luna e quelli che serviranno per le nuove missioni su Marte. Un’eccellenza mondiale, questa volta per davvero. In alcuni di questi player (diventati internazionali) c’è la mano dello Stato, che tramite Leonardo controlla una serie di aziende chiave. Qui però si ha l’impressione che la politica arrivi di meno. Perché? Intanto perché lo Spazio è un mondo che persino i nostri politici ammettono di ignorare, riconoscendo per una volta i propri limiti prima di combinare guai. Secondo: come insegna la storia delle tante e ottime piccole e medie imprese italiane, che da piccole e medie non diventano mai grandi, da soli non si va lontano. Figuriamoci se l’obiettivo, quando va bene, è a oltre 300mila chilometri. Ecco perché le aziende italiane che operano con l’aerospaziale sono chiamate alla responsabilità più di altre loro sorelle parastatali che lavorano in altri campi, dovendo rispondere a partner internazionali e a una filiera davvero molto complessa e frammentata.

La politica dunque impari dallo Spazio per la gestione delle aziende pubbliche. Anzi, impari proprio dagli astronauti in orbita: gestione oculata delle risorse, risoluzione dei problemi in tempi brevi, collaborazione, studio. Tutti strumenti utili per fare soldi – che si parli di Spazio o anche no – da qui ai prossimi decenni, in modo particolare con l’avvento dei privati e le prime missioni strettamente commerciali. Gli astronauti di carriera sono tra i primi a sorridere a questa nuova fase dell’esplorazione in orbita: sin qui abbiamo spedito nello Spazio soltanto tecnici, dicono (altro concetto che alla politica sta a cuore, specialmente quando c’è da formare un governo). E mentre dall’altra parte dell’Atlantico SpaceX di Elon Musk testava con successo per la prima volta nella Storia il recupero di un razzo utilizzato per il lancio di una missione di prova (l’esperimento è di pochi giorni fa e apre la via a un metodo che potrebbe consentire un notevole risparmio di quattrini), anche l’Italia si stava dando da fare per studiare – ohibò! – una nuova legge, argomento su cui siamo senz’altro i veri luminari a livello mondiale. Aprendo il Congresso astronautico internazionale, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato l’avvio in Commissione Bilancio della Camera dell’iter del disegno di legge quadro sullo Spazio, quello che regolamenterà proprio l’attività dei privati in orbita, in modo che nessuno sgarri. Elon Musk starà già tremando di paura.

Di Luigi Santarelli

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