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Il futuro dell’Esercito parte dai droni

L’esercito si lancia finalmente nel Terzo millennio e cerca piloti di droni con esperienza. L’annuncio per entrare nella forza armata come volontari di truppa (Vfi)

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Il futuro dell’Esercito parte dai droni

L’esercito si lancia finalmente nel Terzo millennio e cerca piloti di droni con esperienza. L’annuncio per entrare nella forza armata come volontari di truppa (Vfi)

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L’esercito si lancia finalmente nel Terzo millennio e cerca piloti di droni con esperienza. L’annuncio per entrare nella forza armata come volontari di truppa (Vfi)

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L’esercito si lancia finalmente nel Terzo millennio e cerca piloti di droni con esperienza. L’annuncio per entrare nella forza armata come volontari di truppa (Vfi)

L’esercito si lancia finalmente nel Terzo millennio e cerca piloti di droni con esperienza. Raccontato così può sembrare un tipico annuncio di lavoro, e in effetti è esattamente questo il caso. Queste sono infatti le ultime settimane utili per la presentazione delle domande per entrare nella forza armata come volontari di truppa (Vfi) nel primo scaglione del 2025. La macchina pubblicitaria e comunicativa dello Stato Maggiore è in piena attività e sui social spunta un post che recita: «Sei un pilota di droni con attestato Uas di categoria Open-A2? Abbiamo bisogno di te! Otterrai un punteggio aggiuntivo che ti darà un vantaggio significativo per il concorso». Un tempo per avere punteggi extra in graduatoria c’erano ben poche possibilità. Corsi di salvamento, ‘patentini’ per il defibrillatore, brevetto subacqueo. Oggi si aggiunge la licenza per velivoli a pilotaggio remoto. È segno che davvero le forze di terra hanno iniziato una transizione, a lungo attesa, verso il presente. Non sarà un processo facile, né rapido né tantomeno economico. L’Italia è in ritardo di quasi vent’anni sul fronte delle tecnologie per la guerra terrestre, con un parco armi e veicoli ormai ridotto all’osso e usurato ben oltre il consentito. I programmi di rinnovamento procedono molto a rilento, soprattutto perché molto costosi. Negli ultimi due decenni la politica e i vertici militari hanno scelto di privilegiare le forze aeree e navali, relegando l’esercito (che numericamente è molto più grande) ai consolidati ruoli di peacekeeping e assistenza alla popolazione civile. Così, mentre in cielo aumentavano gli F-35 e in mare navigavano pattugliatori, sommergibili e fregate di ultimissima generazione, sul terreno si muovevano solo blindati Lince (moderni) e camionette Vm90 (datate). I mezzi pesanti, i tank, i veicoli da combattimento e l’artiglieria restavano – già in parte arrugginiti – a prendere polvere nelle caserme. Il risultato è che oggi l’esercito è preparatissimo ad affrontare disastri naturali e a mantenere la stabilità nelle aree più remote del mondo, ma se scoppiasse una guerra non avrebbe modo di reagire al nemico. Intendiamoci, stiamo parlando delle dotazioni materiali: l’addestramento dei nostri soldati è tra i migliori del mondo e di questo dobbiamo sempre essere memori e orgogliosi. Ma senza gli ‘attrezzi’ giusti non si va da nessuna parte. Di più: senza gli ‘attrezzi’ giusti non si sviluppa nemmeno il pensiero. Ed ecco dunque che l’evoluzione di strategia e tattica diventano sfumate nozioni da centro studi, seminario internazionale e, magari, libro di testo per gli allievi ufficiali.

Il conflitto in Ucraina ci sta mostrando come non sia più possibile perdere tempo. E

finalmente anche i decisori politici sembrano aver imparato la lezione, sbloccando lo stallo delle forze di terra. A piccoli passi, certo, ma la prospettiva è molto ampia. Nel

“Documento programmatico pluriennale della Difesa 2024-2026” ci sono contratti per i nuovi carri armati e cingolati per la fanteria, c’è l’acquisizione di obici semoventi su ruote, arrivano droni da ricognizione e kamikaze. Tutto proiettato su prospettive medie o lunghe (questo sì che è un problema, almeno in parte, perché le carenze di oggi peggioreranno in attesa delle soluzioni). La chiamata, così esplicita e inusuale, dei piloti di velivoli a guida remota è un primo passo molto importante: siamo entrati, finalmente, nel futuro. Ora si spera di raggiungerlo prima che si trasformi in passato.

Di Umberto Cascone

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