Influencer e content creator sfruttano la guerra per guadagnare
Influencer e content creator sfruttano la guerra vendendo prodotti e dispositivi per “prepararsi al conflitto”. Una tendenza in voga negli Usa e in Gran Bretagna
Influencer e content creator sfruttano la guerra per guadagnare
Influencer e content creator sfruttano la guerra vendendo prodotti e dispositivi per “prepararsi al conflitto”. Una tendenza in voga negli Usa e in Gran Bretagna
Influencer e content creator sfruttano la guerra per guadagnare
Influencer e content creator sfruttano la guerra vendendo prodotti e dispositivi per “prepararsi al conflitto”. Una tendenza in voga negli Usa e in Gran Bretagna
L’allarmismo è tra le tecniche di vendita più consolidate. Sfruttando meccanismi psicologici legati alla paura, all’urgenza e al bisogno di protezione, è possibile convincere qualcuno ad acquistare un determinato bene. “Solo per oggi”, “Ultimissimi articoli in vendita”, “Ora o mai più”: le formule dello scarcity marketing sono sempre le stesse per spingere il consumatore ad acquistare prodotti. Oggetti che, in condizioni normali, non comprerebbe mai. Amplificando la natura del problema, è naturale il passaggio dalla soluzione razionale a quella emotiva. Se poi il problema è una possibile Terza guerra mondiale, gli affari sono d’oro.
Non è un caso che sempre più influencer e content creator abbiano iniziato a vendere prodotti e dispositivi per “prepararsi al conflitto”. Si tratta di una tendenza in voga negli Usa e in Gran Bretagna, ma che presto potrebbe sbarcare anche da noi. Su determinate piattaforme la scopiazzatura di contenuti è all’ordine del giorno. «Ho paura della Terza guerra mondiale» è la confessione della content creator Tt.Findsz ai suoi follower.
Ed ecco immediata la promozione di una power bank multiuso a energia solare. Un oggetto ‘di sopravvivenza’ indispensabile dotato di radio, lucine e vari optional disponibile per una manciata di sterline. Per dare ancora più forza al messaggio, pubblica il video di un notiziario che mostra i missili iraniani piovere su Tel Aviv. Come se non bastasse, spiega che suo padre è un veterano dell’esercito e il suo giudizio è perentorio: «L’oggetto più importante che devi avere nella tua borsa di sopravvivenza è un power bank». Segue il link per acquistarlo subito, senza perdere tempo.
Un’altra influencer attiva su TikTok – vi0letred, oltre 128 mila follower – ha pubblicato un video in cui indossa una maschera antigas chiedendo ai suoi seguaci: «Se la Terza guerra mondiale iniziasse domani, sareste preparati?». E anche in questo caso ecco il link per comprare un respiratore con meno di 15 sterline: «Se volete proteggere voi stessi e la vostra famiglia, non aspettate». Ma gli esempi sono tantissimi. Basti pensare all’account Theshopguider. Il quale, paventando lo scoppio di un conflitto globale, ha iniziato a promuovere un utensile multifunzione capace di trasformarsi con un click in un accendino o in un cacciavite. Non è un fenomeno da sottovalutare e non si tratta soltanto di una questione di algoritmi ‘magici’.
I numeri non lasciano grandi margini di interpretazione: tramite la piattaforma TikTok Shop sono state vendute oltre 75mila power bank multiuso a energia solare. Il social network incassa e i content creator traggono profitto a ogni vendita anche grazie all’ignoranza dei più giovani. Secondo esperti come Evie Aspinall (direttrice del British Foreign Policy Group), le nuove generazioni non sono adeguatamente informate sulle crisi internazionali e vengono facilmente convinte della necessità di acquistare articoli ‘di sopravvivenza’.
Una situazione preoccupante che dovrebbe spingere le autorità a «rompere la bolla algoritmica» secondo Melanie Garson, professoressa di Sicurezza internazionale e Risoluzione dei conflitti presso la University College di Londra. Come spiegato al “Telegraph”, i social network stanno diventando il principale fornitore di notizie in tutto il mondo e la maggior parte dei giovani non è in grado di distinguere una fonte affidabile da un covo di fake news, lasciando campo aperto alla disinformazione.
Anche alla luce di questo nuovo fenomeno, l’investimento sull’alfabetizzazione mediatica appare più urgente che mai.
Di Massimo Balsamo
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