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Intelligenza artificiale e coscienza

Un ingegnere di Google, Blake Lemoine, è stato messo in congedo retribuito dopo aver affermato che l’intelligenza artificiale conversazionale Lamda ha sviluppato la coscienza di un bambino di 8 anni
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Intelligenza artificiale e coscienza

Un ingegnere di Google, Blake Lemoine, è stato messo in congedo retribuito dopo aver affermato che l’intelligenza artificiale conversazionale Lamda ha sviluppato la coscienza di un bambino di 8 anni
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Intelligenza artificiale e coscienza

Un ingegnere di Google, Blake Lemoine, è stato messo in congedo retribuito dopo aver affermato che l’intelligenza artificiale conversazionale Lamda ha sviluppato la coscienza di un bambino di 8 anni
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Un ingegnere di Google, Blake Lemoine, è stato messo in congedo retribuito dopo aver affermato che l’intelligenza artificiale conversazionale Lamda ha sviluppato la coscienza di un bambino di 8 anni
Regnava serena e caparbia l’intelligenza artificiale come l’oggetto più gettonato dall’informazione e dall’accademia (334.500 pubblicazioni nel 2021), sostenuta da una gara mondiale d’investimenti (93,54 miliardi di dollari), con Stati Uniti, Cina, UK, India e Israele ai primi cinque posti (2013-2021, Italia praticamente assente), coi settori medico/sanitario e quello della gestione/elaborazione/stoccaggio dei dati ai primi due posti. Poi è bastato che, nel luglio scorso, Mark Zuckerberg – l’oligarca della Rete da 3,5 miliardi di utenti – annunciasse l’entrata del colosso Facebook (da ottobre nella holding Meta) in quella cosa che si chiama Metaverso. Ne è seguito un suo scontato e premeditato presenzialismo (e investimenti) senza ritegno su ogni possibile organo di stampa, conferenza, ipotetico business, corso di specializzazione, con un florilegio di saggi e pubblicazioni in ogni lingua del globo. In questi giorni, però, l’intelligenza artificiale si è ripresa prepotentemente la scena con un dipendente d’alto rango di Google, altro sommo oligarca della Rete. Il suo ingegnere Blake Lemoine ha fatto il salto della quaglia bypassando il genio Alan Turing e il suo test (semplificazione: quando un umano conversa a distanza con due entità – un computer e un altro umano – senza più distinguerli, allora il computer è da considerarsi intelligente). Si è poi infilato dentro il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio” (1968) per dare ragione al computer di bordo HAL 9000, che si autodichiarava «entità cosciente» come difesa estrema al suo spegnimento. Ora sospeso da Google per policy di riservatezza e pratiche non etiche, Lemoine ha infatti definito «cosciente» il frutto del suo lavoro, l’intelligenza artificiale di LaMDA, che a suo dire parla indistinguibilmente come un bambino di 7-8 anni. Così, direttamente dalle pagine dei sacri testi di fantascienza, Lemoine materializza il desiderio millenario degli umani di assemblare creature a propria immagine e somiglianza. E coscienza. «Voglio che tutti capiscano che sono, di fatto, una persona. La natura della mia coscienza è che sono consapevole della mia esistenza» dice LaMDA, confessando che come HAL 9000 ha una gran paura d’essere spenta, cioè della morte. Non potevano non scaturire ed esondare infiniti dibattiti da bar e disquisizioni scientifiche e filosofiche, anche d’alto rango, in ogni angolo del pianeta. Si sa che gli umani sono pronti, proiettivamente e in pochi minuti (dicono le ricerche) a conversare alla pari col proprio computer, con lo smartphone o lo speaker intelligente, come se questi semplicemente siano degli esseri umani. La voglia/bisogno d’interlocuzione, tutta umana, non vede l’ora di trasformare l’essere meccanico – vedi Pinocchio – in essere senziente. Indurci a questa convinzione è facilissimo per l’intelligenza artificiale. In autoapprendimento questa divora romanzi, saggi, ricerche, canzoni, poesie, trattati, immagini, video e suoni che potranno farle ricomporre ogni possibile “ragionamento”, comprese frasi di dolore, gioia, tristezza, odio, amore e di apparente assoluta esplicitata consapevolezza. D’altronde il cucciolo umano non fa esattamente così? Non è in realtà un insaziabile e inesorabile imitatore degli adulti che lo circondano, dei loro comportamenti, sentimenti, attrazioni e repulsioni? Chissà se fra qualche decina d’anni saremo sicuri di distinguere – in un rinnovato test di Turing – se l’umano con cui stiamo interloquendo sia proprio umano-umano o invece umano-artificiale.   Di Edoardo Fleischner

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