L’intelligenza artificiale ridisegna un nuovo divario digitale
L’intelligenza artificiale ridisegna un nuovo divario digitale. Secondo un recente studio di Oxford University, solo il 16% delle nazioni possiede data center
L’intelligenza artificiale ridisegna un nuovo divario digitale
L’intelligenza artificiale ridisegna un nuovo divario digitale. Secondo un recente studio di Oxford University, solo il 16% delle nazioni possiede data center
L’intelligenza artificiale ridisegna un nuovo divario digitale
L’intelligenza artificiale ridisegna un nuovo divario digitale. Secondo un recente studio di Oxford University, solo il 16% delle nazioni possiede data center
Oggi è un mercato – e lo sarà ancora a lungo – con tre player mondiali: Stati Uniti, Cina, Unione europea. L’intelligenza artificiale ha determinato un nuovo divario digitale, frammentando il mondo tra le nazioni dotate della potenza di calcolo necessaria per sviluppare sistemi all’avanguardia. Si tratta dei data center: secondo un recente studio di Oxford University, soltanto 32 Paesi – ovvero circa il 16% delle nazioni – ne sarebbero dotati, generando così quel digital divide che sta influenzando la geopolitica e l’economia globali, creando nuove dipendenze e innescando una corsa disperata per non essere esclusi dalla rivoluzione che l’AI produrrà nella vita personale e professionale delle persone.
Secondo i dati di Oxford University, le aziende americane e cinesi gestiscono oltre il 90% dei data center utilizzati da altre aziende e istituzioni per l’intelligenza artificiale. Africa e Sudamerica non sono dotate di hub di calcolo basato sull’AI. L’India invece ne ha cinque, il Giappone quattro. E oltre 150 Stati risultano spettatori non paganti nella corsa alle strutture che ospitano server, sistemi di archiviazione, reti et cetera. Costano miliardi di dollari, sono gigantesche, dotate di chip potenti e ad altissimo consumo energetico: secondo un’analisi del Boston Consulting Group, la domanda di elettricità dei data center statunitensi è prevista in aumento del 15-20% all’anno.
Alcuni Paesi stanno iniziando a investire fondi pubblici nelle infrastrutture di AI, temendo la dipendenza a lungo termine verso Cina e Stati Uniti, che si sono più volte accapigliate negli ultimi tempi sui microchip, un punto essenziale delle politiche estere e commerciali dei due colossi mondiali. Un esclusivo rapporto sponsorizzato dal governo statunitense, intitolato “Progetto di superintelligenza dell’America” e pubblicato lo scorso aprile, ha evidenziato che i data center americani sarebbero vulnerabili anche per la dipendenza dai prodotti fabbricati in Cina. Pechino potrebbe infatti spedire in ritardo i pezzi per la riparazione degli impianti: è soltanto uno dei rischi paventati e la questione è spinosa al punto da indurre a pensare a un Progetto Manhattan (una collaborazione su larga scala tra il governo americano e il settore privato che durante la Seconda guerra mondiale consentì di produrre le prime bombe atomiche) disegnato per l’intelligenza artificiale.
Intanto Amazon costruisce un data center infinito in Indiana, Meta fa lo stesso in Louisiana, OpenAI in Texas e anche negli Emirati Arabi. E l’Ue? La transizione verso il cloud e le esigenze diffuse di connettività avanzata spingono forte verso l’espansione dei data center: è in corso una crescente domanda, con un occhio più attento al consumo energetico e all’inquinamento climatico rispetto a quello di Stati Uniti e Cina. Secondo la società di consulenza immobiliare globale Knight Frank, gli investimenti in Europa sono aumentati del 168% rispetto allo scorso anno (con Londra, Parigi e Francoforte al centro dello sviluppo di queste infrastrutture), attraendo i leader tecnologici per la loro posizione strategica. E ci sono Google, Amazon Web Services (Aws) e Microsoft che stanno costruendo data center in tutta Europa.
In Italia, dove il Pnrr sta finanziando la realizzazione di nuovi impianti, sono stati spesi cinque miliardi di euro nel 2023-2024 per la costruzione, l’approntamento e il riempimento di server di nuove infrastrutture (Osservatorio data center del Politecnico di Milano), mentre la spesa di altri 10,1 miliardi è prevista per il 2025-2026.
Di Nicola Sellitti
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