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La lavatrice che cambiò la condizione femminile

La lavatrice, l’invenzione che più di tutte ha determinato una rivoluzione culturale e sociale soprattutto per l’emancipazione femminile

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La lavatrice che cambiò la condizione femminile

La lavatrice, l’invenzione che più di tutte ha determinato una rivoluzione culturale e sociale soprattutto per l’emancipazione femminile

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La lavatrice che cambiò la condizione femminile

La lavatrice, l’invenzione che più di tutte ha determinato una rivoluzione culturale e sociale soprattutto per l’emancipazione femminile

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La lavatrice, l’invenzione che più di tutte ha determinato una rivoluzione culturale e sociale soprattutto per l’emancipazione femminile

Un’invenzione che ha determinato una rivoluzione culturale e sociale? La lavatrice. Come ben sottolineato dallo storico Massimo Temporelli, quello che oggi ci sembra un semplice elettrodomestico da tenere in bagno o nel lavatoio (e la cui tecnologia diamo per scontata) è stato l’indiscusso protagonista di uno dei cambiamenti più importanti della storia: l’emancipazione femminile.

Secondo uno studio condotto dalla Rural Electrification Administration americana, la lavatrice ha ridotto di sei volte il tempo necessario per terminare un bucato di 30 libbre (circa 13 kg); in valori assoluti, è equivalso a un risparmio di circa quattro ore quotidiane da reinvestire in altro, tra cui l’opportunità di lavorare fuori casa. Con conseguente indipendenza economica.

Non vi è certezza su chi sia stato l’inventore della lavatrice. Di certo si sa che il primo brevetto risale al 1797 e venne registrato negli Stati Uniti da Nathaniel Brigg con il nome di washing machine. Pur essendo una macchina per lavare i panni, non ebbe grande successo. Si trattava di un mastodontico scatolone di legno che si poteva manovrare attraverso una serie di leve. I difetti erano però ancora superiori ai benefici: il cestello perdeva per esempio acqua a ogni giro, richiedendo un rabbocco costante. Voleva essere un’evoluzione di un marchingegno ideato nel 1670 dal marchese inglese John Hoskins (un secchio di corda intrecciata che veniva fatto roteare manualmente sotto un getto d’acqua), ma il tentativo non ottenne i risultati sperati.

Secondo altri storici, l’origine dell’idea si può rintracciare invece in un brevetto inglese del 1691 in cui si parlava molto genericamente di una macchina capace di svolgere una lunga lista di compiti, tra cui il lavaggio dei panni. Ma non vi è traccia della registrazione scritta, forse andata distrutta in occasione di un incendio che colpì l’archivio dell’ufficio.

Più strutturata fu sul finire del Settecento l’iniziativa dell’inglese James Moulton con il suo washing engine. Venne addirittura pubblicizzato su “The Salisbury Journal”: «Una macchina utile, in varie dimensioni, realizzata nel modo più raffinato, sia per la facilità d’uso sia per la sicurezza della vostra biancheria più fine». Sempre nello stesso periodo un altro quotidiano inglese – “The Gentleman’s Magazine” – riportò ampie informazioni e uno schema tecnico di funzionamento di una lavatrice compatta (la Yorkshire Maiden) molto simile a quella proposta da Moulton. Ma erano tutti tentativi isolati e soprattutto apparecchi dalle dimensioni imponenti, impossibili da tenere in casa.

La svolta avvenne nel 1913 quando l’azienda svizzera Verzinkerei ebbe l’intuizione di elettrificare il processo di lavaggio del bucato, riducendo così di dieci volte le dimensioni del macchinario. Le due guerre ne interruppero la diffusione ma a partire dagli anni Cinquanta si ebbe la definitiva espansione di massa. Nei caseggiati sorti durante il periodo della ricostruzione post bellica la lavatrice faceva ormai parte delle dotazioni essenziali di ogni appartamento. E così è ancora oggi.

D’altronde, per dirla con le parole dello scienziato Steward Brand, «puoi provare a cambiare la testa della gente, ma stai solo perdendo tempo; cambia gli strumenti che hanno in mano e cambierai il mondo».

di Stefano Caliciuri

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