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La storia bella e sfortunata di Nikola Tesla

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Nikola Tesla fu un visionario e la sua storia, anche se un po’ sfortunata, ne conferma la grandezza.

La storia bella e sfortunata di Nikola Tesla

Nikola Tesla fu un visionario e la sua storia, anche se un po’ sfortunata, ne conferma la grandezza.
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La storia bella e sfortunata di Nikola Tesla

Nikola Tesla fu un visionario e la sua storia, anche se un po’ sfortunata, ne conferma la grandezza.
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Nei giorni scorsi Tesla ha sfondato il traguardo dei mille miliardi di capitalizzazione. A settembre la sua Model 3 è stata l’auto più richiesta in Europa e non era mai accaduto che un’elettrica superasse nelle vendite un veicolo a combustione. Elon Musk gongola, sbeffeggiando sui social il rivale Jeff Bezos, nel ping pong che li vede primeggiare in ricchezza. Eppure c’è stato un tempo in cui al nome Tesla venivano associate povertà e disgrazia. Bisogna tornare indietro di quasi un secolo, al 1943, quando Nikola Tesla morì solo e squattrinato a 86 anni. Inventore dal genio prolifico, un fuscello di due metri coi baffi impomatati, il vero signor Tesla era nato nel 1856 a Smilijan (nell’attuale Croazia) da una famiglia serba; si trasferì quindi negli Stati Uniti, dove non mancarono mai di ricordargli il suo status di emigrato. A lui si deve la scoperta della corrente alternata e non solo. Molte delle sue intuizioni verranno però attribuite ad altri, come i raggi X (Marie Curie) o, come pare, la radio: anni prima che la brevettasse Guglielmo Marconi aveva inviato in forma anonima a quest’ultimo i propri studi sulle onde radio. La sua era una mente che sconfinava, a tratti, nell’ossessione: terrorizzato dai microbi, disgustato dalle persone grasse e dai capelli altrui, con l’età queste fobie si esasperarono. Ogni suo progetto non era mai preceduto da disegni tecnici, peculiarità che gli chiuse le porte degli investitori. Lavorò per Thomas Edison, che all’epoca era già il re dell’elettricità. Provò a convincerlo che la corrente alternata fosse una soluzione meno dispendiosa rispetto a quella continua. Non ci riuscì e anzi fu ingannato da Edison che non gli diede mai i soldi promessi, carpendone i segreti. Edison sta insomma a Tesla come Bell a Meucci. Deluso, andò a lavorare alla Westinghouse, che ne comprese il genio senza però condividere con lui i proventi. Tesla restava d’altronde convinto che l’energia dovesse essere regalata, non venduta. Mosso da intenzioni nobili, chissà cosa provò quando seppe dell’invenzione della sedia elettrica grazie alla corrente alternata. A causa di un errore nei calcoli il primo uomo che vi fu giustiziato prese fuoco, morendo solo in un secondo momento. In un’intervista del 1926 Tesla profetizzò: «Saremo in grado di comunicare in modo istantaneo, indipendentemente dalla distanza. Ci vedremo attraverso uno schermo con strumenti che staranno in un taschino». Non serve spiegare perché Musk abbia deciso di rendergli omaggio intitolandogli l’azienda. di Ilaria Cuzzolin

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