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apple watch 7 pubblicità

Lo spot dell’Apple Watch, colpo di genio acchiappa ansiosi

Lo spot di lancio dell’Apple Watch Serie 7 è una vera lezione di marketing. Ma non mancano le accuse di “sciacallaggio” per la multinazionale di Cupertino che gioca sulle insicurezze e le paure di un pubblico già provato dalle conseguenze della pandemia. 
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Lo spot dell’Apple Watch, colpo di genio acchiappa ansiosi

Lo spot di lancio dell’Apple Watch Serie 7 è una vera lezione di marketing. Ma non mancano le accuse di “sciacallaggio” per la multinazionale di Cupertino che gioca sulle insicurezze e le paure di un pubblico già provato dalle conseguenze della pandemia. 
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Lo spot dell’Apple Watch, colpo di genio acchiappa ansiosi

Lo spot di lancio dell’Apple Watch Serie 7 è una vera lezione di marketing. Ma non mancano le accuse di “sciacallaggio” per la multinazionale di Cupertino che gioca sulle insicurezze e le paure di un pubblico già provato dalle conseguenze della pandemia. 
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Lo spot di lancio dell’Apple Watch Serie 7 è una vera lezione di marketing. Ma non mancano le accuse di “sciacallaggio” per la multinazionale di Cupertino che gioca sulle insicurezze e le paure di un pubblico già provato dalle conseguenze della pandemia. 
“911, qual è la sua emergenza?” “Ho fatto un incidente con la mia macchina. L’auto si è ribaltata. C’è acqua che entra nella macchina, non riesco ad uscire”. Immaginate una telefonata del genere, accompagnata da musica epica e allo stesso tempo angosciante. Poi altre due, disperate, richieste di aiuto da parte di persone che hanno solo una speranza per salvarsi: essere soccorsi immediatamente. No, non sono tre estratti di un film thriller, ma le scene che si susseguono nella pubblicità americana dell’Apple Watch Serie 7. E si tratta di una vera e propria lezione di marketing che punta sull’angoscia più comune alle persone: quella di morire. Lo spettatore resta incollato allo schermo perché il pericolo arriva all’improvviso ai suoi occhi e alle sue orecchie. La storia di una persona in pericolo che chiede di essere salvata genera immediatamente empatia. Lo spot tutto sembra, tranne che una pubblicità. E in effetti, su 60 secondi il logo dell’azienda, insieme al nome del marchio, appare per un solo secondo alla fine del video. Sfuggente, ma memorabile: è quell’oggetto ultratecnologico che, grazie alla sua chiamata e al sistema di GPS, ha salvato la vita dei tre protagonisti. Con questo spot Apple si dimostra ancora una volta pioniera nella comunicazione del brand. Infatti, il vecchio marketing, persistente ancora nei primissimi anni Duemila, metteva al centro il nome dell’azienda, spesso accompagnato da aggettivi superlativi per promuovere i propri prodotti. Ma col passare del tempo, dopo anni di invasione pubblicitaria, i consumatori sono diventati sempre più smaliziati: oggi nessuno si sognerebbe di comprare un materasso perché promosso dalla stessa azienda come “famoso”. Eppure, anni fa, bastava questo per posizionarsi nella mente delle persone, come dimostra questa immagine. pubblicità permaflex Come tutte le evoluzioni, anche quella della comunicazione di marketing è stata ed è graduale, ricca di sfumature e di step. L’ultimo in ordine cronologico è rappresentato dal cosiddetto marketing umanistico, ancora in ascesa dagli inizi degli anni Duemila: una comunicazione che mette al centro l’essere umano e i suoi valori, non il brand in sé. Il fine è creare un legame profondo con il consumatore finale basato sulla condivisione di una missione sociale. Il primo a teorizzare questo modello è stato il guru del marketing Philip Kotler. Uno dei primi a ribadire che  “le imprese devono rivolgersi ai consumatori nella loro qualità di esseri umani sotto ogni aspetto”. A questo si aggiunga che la gente non acquista più in maniera sfrenata come negli anni del “boom economico”, ma lo fa razionalmente, per soddisfare esigenze o desideri concreti. L’utente finale vuole la dimostrazione concreta che quella spesa gli migliorerà la vita. Corollario di questa nuova visione del marketing è l’importanza della user experience: per conquistare il consumatore bisogna fargli “toccare con mano” l’utilità di quel prodotto. D’altronde il marketing è offrire beni o servizi che risolvano un problema concreto. Se poi un video dimostra che il prodotto, non solo potrebbe migliorarti la vita, ma addirittura salvartela, il gioco è fatto. La genialità di Apple sta nel coraggio di rimuovere per 59 secondi anche il più remoto rimando al concetto di pubblicità.  È una commistione che può avere risvolti pericolosi, soprattutto quando non si capisce più se si tratti realtà o promozione, informazione o reclame. È una sfida ai nervi dello spettatore, un gioco con i suoi sentimenti.  Ecco perché quando si vede il logo alla fine, ci si sente quasi sollevati: se mai uno dovesse trovarsi in emergenza, la  soluzione è a portata di mano. L’immedesimazione è pressoché totale, come il senso di gratitudine verso quel marchio che, fino all’altro giorno offriva soprattutto telefonini all’avanguardia, e che ora salva anche delle vite umane.  D’altro canto non sono mancate le critiche di chi ha ritenuto questo spot un’opera di “sciacallaggio” a danno di chi, in questo momento storico, è già molto preoccupato per la propria salute. Qualcuno ha twittato che questa pubblicità gli ha trasmesso così tanta ansia da portarlo a togliere l’audio. Al netto delle diverse opinioni, è innegabile che ci si trovi di fronte a un pubblicità che rappresenta l’avanguardia della comunicazione. di Giovanni Palmisano

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