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Spunta blu e spunta il panico
Può una piccola, misera spunta blu digitale scatenare il panico? Evidentemente sì, se lo si chiede alle persone giuste
Spunta blu e spunta il panico
Può una piccola, misera spunta blu digitale scatenare il panico? Evidentemente sì, se lo si chiede alle persone giuste
Spunta blu e spunta il panico
Può una piccola, misera spunta blu digitale scatenare il panico? Evidentemente sì, se lo si chiede alle persone giuste
Può una piccola, misera spunta blu digitale scatenare il panico? Evidentemente sì, se lo si chiede alle persone giuste
Può una piccola, misera spunta blu digitale scatenare il panico? Evidentemente sì, se lo si chiede alle persone giuste. E anche per loro è panico immotivato, dal momento che parliamo di una non notizia, di quelle che ad alcuni piace tanto chiamare “indiscrezioni”. Che poi siano vere o no, pazienza. Il casotto in questione si è scatenato quando sul web ha iniziato a circolare una presunta novità di WhatsApp che avrebbe potuto introdurre una terza spunta relativa alla lettura dei messaggi. Prima di proseguire occorre però fare due incisi.
Il primo riguarda l’espressione usata poco fa: una notizia è iniziata a circolare sul web. Ma che vuol dire? Parliamo di un enorme calderone di ciarpame – a volte vero e spesso falso – da cui a un certo punto un determinato contenuto appare su qualche sito Internet meno conosciuto oppure, ancora meglio, in un post di un qualsiasi social network come X o, più di recente, TikTok. Più quella notizia viene condivisa, più diventa automaticamente plausibile. I quotidiani e le testate nazionali fanno ancora attenzione a non cascarci, ma è capitato anche a loro di rilanciare presunte notizie poi rivelatesi balle. E attenzione, non parliamo di fake news ma soltanto di pigrizia o incapacità.
Il secondo inciso è un brevissimo ripasso sulle spunte di WhatsApp, utile a chi non ci ha mai capito nulla. Compaiono accanto a ogni messaggio inviato e hanno significati diversi: una sola spunta grigia indica che il messaggio è stato correttamente inviato, ma non ancora ricevuto. Due spunte grigie corrispondono a un messaggio ricevuto, ma non ancora letto. Due spunte blu (in realtà sono azzurre) sono invece una sentenza: il messaggio è stato letto dal destinatario, indietro non si torna. Ci sono poi altre funzioni che negli anni l’app di messaggistica che tutti usiamo ogni giorno ha introdotto – come la possibilità di modificare messaggi già inviati o disattivare le spunte blu a certe condizioni – ma che sono poco utili ai fini della nostra discussione.
Ciò che invece ha fatto preoccupare più di qualcuno in questi giorni è stata la possibilità che di spunta ne fosse introdotta una terza, per segnalare all’utente che il proprio interlocutore aveva fatto uno screenshot della chat, un’istantanea, una fotografia della conversazione (per farne chissà cosa). Tutto – in teoria – per garantire una maggiore privacy delle conversazioni. A distanza di diversi giorni da questa molto presunta novità, conferme ufficiali da WhatsApp sulla nuova funzionalità non sono arrivate; siccome poi di una storia del genere si era già parlato anni fa, al momento sembra non esserci nulla di vero. Una bufala, insomma.
Le brutte notizie sono altre, per carità, ma nelle prime ore in cui si era diffusa la voce si era scatenato un ironico panico tra gli utenti più giovani di WhatsApp. Gli screenshot (che loro chiamano semplicemente screen) sono infatti un rituale, il modo più veloce per riportare a qualcun altro una conversazione, che sia il corteggiamento di una ragazza o il litigio con un amico. Non serve più incontrarsi o telefonarsi, basta inviarsi degli screen. Chi non è nato con WhatsApp forse faticherà a capirlo, ma certe sciocchezze contano quando hai vent’anni, come aspettare ore e ore che le spunte diventino blu e stare in pensiero dopo avere inviato una dichiarazione d’amore, dopo aver confessato un segreto.
Che un’inezia del genere possa aver preoccupato qualcuno è sicuramente follia. Che poi abbia seminato il panico, è follia al quadrato. Questa volta però non ci chiederemo che cosa ci insegni questa storia, quale riflessione ne dovrebbe nascere, magari rispetto al nostro uso ossessivo del cellulare. Non lo faremo perché sarebbe una gran noia. E soprattutto perché quel panico, per un momento, l’abbiamo provato anche noi.
di Luigi Santarelli
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Tag: tech
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