Tanta tecnologia nella spazzatura
Tecnologia: ogni anno milioni di smartphone, tablet, computer, piccoli elettrodomestici e cavi elettrici esausti abbandonano le nostre case europee per intraprendere un lungo viaggio verso il Sud del mondo

Tanta tecnologia nella spazzatura
Tecnologia: ogni anno milioni di smartphone, tablet, computer, piccoli elettrodomestici e cavi elettrici esausti abbandonano le nostre case europee per intraprendere un lungo viaggio verso il Sud del mondo
Tanta tecnologia nella spazzatura
Tecnologia: ogni anno milioni di smartphone, tablet, computer, piccoli elettrodomestici e cavi elettrici esausti abbandonano le nostre case europee per intraprendere un lungo viaggio verso il Sud del mondo
Ogni anno milioni di smartphone, tablet, computer, piccoli elettrodomestici e cavi elettrici (molta tecnologia di vario tipo) esausti abbandonano le nostre case europee per intraprendere un lungo viaggio. Verso il Sud del mondo. La destinazione finale è Agbogbloshie, un sobborgo degradato alla periferia di Accra, la capitale del Ghana. Qui, su una distesa pianeggiante, sorge la più grande discarica di rifiuti elettronici di tutto il Continente africano. Un inferno a cielo aperto dove, per appena quattro dollari al giorno, centinaia di giovani bruciano plastica. Smontano vecchi dispositivi. E inalano sostanze tossiche per estrarre pochi grammi di metallo prezioso. Si stima che finora siano giunte ad Agbogbloshie oltre 250 milioni di tonnellate di e-waste (come vengono definiti i rifiuti derivati dai dispositivi elettronici). E che almeno l’85% di queste provenga illegalmente dall’Europa.
Già nel 2009 il Ghana riceveva 215mila tonnellate l’anno di questo tipo di tecnologia spazzatura. Circa 9 kg per ogni abitante. Un flusso incessante che continua nonostante la Convenzione di Basilea (in vigore dal 1992) vieti espressamente il trasferimento di rifiuti pericolosi dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo. Il trucco? Dichiarare i carichi come “elettronica usata” da riparare, aggirando così i controlli doganali. Una realtà spesso denunciata dai media internazionali. Ma che ha cambiato poco la vita ai cosiddetti burner boys, i giovani che lavorano in quell’inferno, incaricati di incendiare cavi isolati per recuperare rame oppure frantumare vecchi monitor per estrarre metalli come oro, acciaio e alluminio. Le loro mani, i loro polmoni e i loro organi pagano un prezzo altissimo.
L’aria è costantemente satura di fumi neri e tossici che provocano malattie respiratorie, problemi al fegato, disturbi al sistema endocrino, deficit neurologici, dolori cronici e un altissimo rischio di tumore. Nelle famiglie che vivono a ridosso della discarica si registrano tassi più elevati di aborti, morti neonatali e patologie congenite. Spesso chi si ammala non riesce più a tornare al proprio villaggio. Agli altri restano soltanto i rimedi palliativi della medicina tradizionale.
L’inferno tecnologico di Agbogbloshie non è una distopia da romanzo cyberpunk, quanto piuttosto un paradosso del nostro tempo in cui il progresso tecnologico e il consumo sfrenato nei Paesi ricchi si traducono in miseria, malattia e morte in altre parti del mondo. I rifiuti elettronici – classificati come Raee (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) – comprendono peraltro una vasta gamma di oggetti: condizionatori, schermi, lampade, pannelli solari, giocattoli elettronici e soprattutto smartphone. Questi ultimi hanno oggi una vita media di soli 20 mesi. Poi vengono scartati – spesso ancora funzionanti – per essere rimpiazzati da modelli nuovi.
Un sistema insostenibile, nonostante i tentativi di regolamentazione mirati a incentivare la produzione di dispositivi più durevoli e riparabili. A oggi soltanto il 20% dei rifiuti elettronici globali viene correttamente tracciato e riciclato. Il resto passa per circuiti paralleli, spesso illegali, legati anche alla possibilità di estrarre da quei dispositivi i dati personali dei precedenti proprietari, per rivenderli poi alle compagnie che li utilizzeranno per profilare nuovi potenziali utenti. Oppure finiscono in discariche come quella di Agbogbloshie, lontano dagli occhi dei consumatori occidentali, dove scompaiono nel nulla. In quella parte del mondo dove la vita umana vale meno di un filo di rame.
di Stefano Faina e Silvio Napolitano
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
-
Tag: tecnologia
Leggi anche

Videogiochi, incantesimi e fascinazioni

Taci, gli elettrodomestici ti ascoltano

Microsoft compie 50 anni
