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Ten Ten, l’app per drogati di connessione

Intervista all’avvocato Marisa Marraffino, specializzata in comunicazione digitale e minori. Tutti i rischi dietro Ten Ten

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Ten Ten, l’app per drogati di connessione

Intervista all’avvocato Marisa Marraffino, specializzata in comunicazione digitale e minori. Tutti i rischi dietro Ten Ten

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Ten Ten, l’app per drogati di connessione

Intervista all’avvocato Marisa Marraffino, specializzata in comunicazione digitale e minori. Tutti i rischi dietro Ten Ten

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Intervista all’avvocato Marisa Marraffino, specializzata in comunicazione digitale e minori. Tutti i rischi dietro Ten Ten

Si chiama Ten Ten, un nome che in qualche modo richiama quello del popolarissimo TikTok. E il timore è che questa app – che consente di trasformare il proprio cellulare in un walkie talkie – arrivi a spopolare esattamente come l’ormai celeberrima piattaforma di creazione cinese. Ten Ten è in circolazione da qualche mese, ma soltanto adesso in Francia è scattato l’allarme. Il motivo è semplice: utilizza il microfono e l’altoparlante dello smartphone in ogni momento, di giorno e di notte. Persino quando il dispositivo è bloccato. In più consente di ascoltare e parlare con un numero ben maggiore di persone rispetto alle vecchie ricetrasmittenti. «Canta, grida, sussurra… i tuoi amici di ascolteranno in tempo reale, anche quando il loro cellulare è bloccato!» conferma con toni accattivanti il claim della stessa Ten Ten (disponibile per iPhone e Android).

«Rispetto ai walkie talkie anni Ottanta la differenza è notevole: intanto si aggira il problema delle batterie che un tempo si scaricavano in fretta. Ma soprattutto permette di rimanere in comunicazione con un numero ben maggiore di amici o presunti tali» spiega l’avvocato Marisa Marraffino, specializzata in comunicazione digitale e minori. «A questo aggiungiamo il rischio di entrare in contatto anche con perfetti sconosciuti. È vero che il sistema prevede di inserire un codice prima di accettare richieste di contatto, ma sappiamo bene che i ragazzi tendono ad accogliere chiunque con una certa leggerezza, pur di aumentare il numero di follower o ‘amicizie’. Inoltre, come accade per altre app, i controlli sull’età degli utenti sono facilmente aggirabili e la richiesta di consenso da parte dei genitori è soltanto formale» precisa Marraffino.

Uno degli aspetti più inquietanti riguarda proprio la privacy: l’app funziona anche in background, dunque con accesso costante a notifiche e microfono. «Con quelle che già conosciamo e usiamo abitualmente, ci siamo quasi abituati all’idea di cedere i nostri dati personali» osserva ancora Marraffino. «Da questo punto di vista i termini e le condizioni d’uso chiariscono che il contenuto delle conversazioni non viene salvato e non dovrebbe esserci un accesso a dati strettamente personali, ma è chiaro che aumenta la possibilità di condivisione – anche volontaria – di contenuti. Da un punto di vista legale cresce anche il rischio di reati come molestie, stalking o diffamazione».

Ma il problema più serio riguarda l’invasività di Ten Ten: «Sappiamo che i nostri ragazzi tengono il cellulare sempre a portata di mano, anche di notte, mentre dovrebbe essere spento almeno in questa fascia. L’idea di rimanere sempre connessi a un ‘walkie talkie digitale’ è potenzialmente molto pericolosa sia dal punto di vista della distrazione durante lo studio che da quello dell’aumento della dipendenza dallo smartphone». Come chiarisce Marraffino, «è pur vero che un modo per disconnettersi c’è e consiste nel fare il log outdall’applicazione, entrando nell’apposita sezione chiamata Danger Zone, in modo da non essere disturbati. Ma resta il problema di un circuito perverso a cui possono portare app come questa».

In Francia il Ministero dell’Interno sta pensando di bloccare Ten Ten: «Forse sarebbe più opportuna una valutazione in questo senso da parte del Ministero della Salute, perché si tratta di benessere mentale dei giovani, già iperconnessi e spesso troppo dipendenti dai social e da Internet. È quasi un problema antropologico» conclude Marraffino.

di Eleonora Lorusso

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