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Davvero torneremo al carbone? Ecco la situazione italiana

Putin minaccia di bloccare le forniture di gas. L’alternativa emergenziale è il carbone, una scelta obbligata che ribalta gli obiettivi fissati dalla transizione ecologica. Ma di quanto carbone disponiamo e quali sono le centrali italiane?
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Davvero torneremo al carbone? Ecco la situazione italiana

Putin minaccia di bloccare le forniture di gas. L’alternativa emergenziale è il carbone, una scelta obbligata che ribalta gli obiettivi fissati dalla transizione ecologica. Ma di quanto carbone disponiamo e quali sono le centrali italiane?
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Davvero torneremo al carbone? Ecco la situazione italiana

Putin minaccia di bloccare le forniture di gas. L’alternativa emergenziale è il carbone, una scelta obbligata che ribalta gli obiettivi fissati dalla transizione ecologica. Ma di quanto carbone disponiamo e quali sono le centrali italiane?
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Putin minaccia di bloccare le forniture di gas. L’alternativa emergenziale è il carbone, una scelta obbligata che ribalta gli obiettivi fissati dalla transizione ecologica. Ma di quanto carbone disponiamo e quali sono le centrali italiane?
Le centrali a carbone potrebbero tornare a nuova vita. Una possibilità più concreta prefigurata anche alla Camera dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. L’obiettivo è staccarsi dalle forniture di gas russo il prima possibile dopo che la Russia ha minacciato di stoppare le forniture di gas all’Europa. E’ chiaro che si tratta di una questione che non si risolverà in qualche giorno.  Nel nostro Paese, già ben prima del conflitto, si parlava della necessità di accelerare il più possibile sulle rinnovabili, utilizzando le tecnologie che abbiamo in casa. Anche perché l’Italia è tra quei paesi che ha firmato alla COP 26 di Glasgow un accordo per ridurre la produzione di energia elettrica derivante dall’utilizzo del carbone, molto inquinante e nocivo per la salute.  Questa emergenza, naturalmente, può provocare il rallentamento del processo di riconversione delle centrali termoelettriche a carbone in centrali a gas naturale entro il 2025, come previsto dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNEC). Infatti, l’utilizzo del metano importato dalla Russia per la produzione di energia elettrica verrebbe ridotto per aumentare gli stoccaggi massimizzando invece la capacità che utilizzano il combustibile solido.  In Italia, le centrali termoelettriche a carbone che producono energia elettrica tramite l’azione di turbine da parte del vapore pressurizzato sono sette:
  • Monfalcone (Friuli-Venezia Giulia) gestita da A2A – spenta nel 2020 ma riattivata per qualche tempo lo scorso dicembre – Fusina (Veneto), e Portoscuso (Sardegna) gestite da Enel;
  • Fiume Santo (Sardegna) gestita da EP Produzione gruppo Eph, 
  • fino ad arrivare alle più grosse come Torrevaldaliga (Lazio) nei pressi di Civitàvecchia e Brindisi (Puglia). 
Queste due ultime nel 2019 hanno coperto il 4,4% del fabbisogno energetico italiano con un complessivo di capacità produttiva di 7000 mghW. 
  • Dovrebbe accendersi anche la centrale di Spezia (Liguria), ma serve l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dal Ministero della transizione ecologica.
Nel 2021 le centrali a carbone hanno soddisfatto la domanda italiana di energia solo per il 5% del fabbisogno energetico. Per far tornare a regime gli impianti servirebbero pochi giorni, raggiungendo facilmente il 10% del fabbisogno italiano, un dato troppo basso se pensiamo a quanto ammonta l’ammanco che avemmo da un’eventuale chiusura dei rubinetti da parte della Russia. . In Italia è attualmente attiva una sola miniera di carbone, in Sardegna, nel bacino del Sulcis Iglesiente con una produzione a regime di circa 1 milione di tonnellate annue, comunque non sufficiente a rispondere alla nostra domanda di energia. Il nostro Paese deve quindi per forza importare via mare circa il 90% del proprio fabbisogno di carbone, attraverso una flotta di una 60ina di  imbarcazioni che garantiscono una capacità di carico complessiva di oltre 4,6 milioni di tonnellate. Il combustibile fossile proviene per il 78% di quantità dalla Russia. Ragione per cui oggi sarà necessario diversificare le forniture facendo arrivare più navi da Stati Uniti, Colombia e Sud Africa. Non scordiamoci però che l’EU ha prefissato come obiettivo una riduzione dei gas serra del 50% entro il 2030. La riattivazione delle centrali a carbone sono dannose per la salute e devono essere solo una parentesi e non una scusa per procrastinare gli investimenti stabiliti verso le fonti rinnovabili e la decarbonizzazione del pianeta. di Marco Mauri

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