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L’UE lancia l’ambizioso programma Chips Act, ma i finanziamenti sono pochi

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L’ UE lancia il Chips Act. L’obiettivo è impadronirsi entro il 2030 del settore tecnologico investendo nella ricerca e produzione di microchips. Al momento, però, i finanziamenti stanziati sono più ridotti rispetto a quelli proposti da altre potenze economiche.

L’UE lancia l’ambizioso programma Chips Act, ma i finanziamenti sono pochi

L’ UE lancia il Chips Act. L’obiettivo è impadronirsi entro il 2030 del settore tecnologico investendo nella ricerca e produzione di microchips. Al momento, però, i finanziamenti stanziati sono più ridotti rispetto a quelli proposti da altre potenze economiche.
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L’UE lancia l’ambizioso programma Chips Act, ma i finanziamenti sono pochi

L’ UE lancia il Chips Act. L’obiettivo è impadronirsi entro il 2030 del settore tecnologico investendo nella ricerca e produzione di microchips. Al momento, però, i finanziamenti stanziati sono più ridotti rispetto a quelli proposti da altre potenze economiche.
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La Commissione europea lancia una sfida con la presentazione del Chips Act. Una strategia che mira a fronteggiare i produttori negli Stati Uniti e Cina – attualmente leader nella produzione dei microchips – mobilitando investimenti per 43 miliardi di denaro pubblico, privato, nazionale e comunitario. La nuova strategia industriale presentata da Ursula von der Leyen a Bruxelles ha come obiettivo raddoppiare del 20% la quota di mercato dell’ UE da qui al 2030, investendo nella ricerca dei chips del futuro e nella produzione dei microprocessori per garantire la sicurezza e la sovranità europea. Attualmente la produzione di microchip dell’Unione Europea è circa l’8% di quella mondiale. In Italia si ipotizza una crescita del 7.1% annuo di transizione digitale nel periodo 2021-2024, un dato fortemente influenzato dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha destinato circa 50 miliardi di euro alla digitalizzazione. E i microchip sono protagonisti di questa transizione, fondamentali per i prodotti dotati di una parte di elettronica, utilizzati in molte applicazioni e destinati in diversi macro mercati, come ad esempio in computer, telecomunicazioni, automobili, elettronica di consumo e industria. La carenza di semiconduttori ha frenato e a volte paralizzato le attività di imprese di settori industriali causando inflazione e il rallentamento economico della ripresa dopo la pandemia. L’obiettivo dell’UE a breve-medio termine è volto a scongiurare le interruzioni delle catene di approvvigionamento aiutandosi con gli stati membri e i partner internazionali. Al momento le fabbriche impegnate nella produzione di chip sono sparse nel globo. In ordine di capacità di produzione in percentuale sul totale mondiale vediamo: Taiwan 20%, Corea del Sud 19%, Giappone 16%, Stati Uniti 13%, Europa 8% e il 7% dal resto del mondo. Queste sono le analisi della Boston Consulting Group, la multinazionale statunitense di consulenza strategica.  Il tentativo dell’UE di competere con i big è ambizioso, soprattutto se si considera il ritardo accumulato di circa vent’anni rispetto ai rivali. Inoltre i finanziamenti stanziati sono di molto ridotti rispetto alle altre potenze economiche affermate da tempo nel settore dei microprocessori. Le sovvenzioni sono un fattore da non sottovalutare, l’industria del settore Chip in Asia gode di enormi investimenti pubblici e privati. Secondo la Semiconductor Industry Association Usa il costo per la gestione di una fabbrica di microchip costa il 20 – 40% in più negli Stati Uniti e Giappone rispetto a Cina e Corea del sud, i quali godono di ingenti sussidi, e le cui somme di investimento previste dal nuovo programma toccano rispettivamente i 150 miliardi di dollari entro il 2030 per la Cina e 450 miliardi di dollari – la maggior parte provenienti dal settore privato – per la Corea del Sud. Non vogliamo scongiurare un mancato raggiungimento dell’obiettivo prefissato dall’UE ma ci saranno ostacoli e gap economici che andranno sicuramente rivisti e superati.   di Marco Mauri

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