Così nacque il primo virus informatico
La storia di come, da un apparente messaggio d’amore, nacque il primo virus informatico della storia
Così nacque il primo virus informatico
La storia di come, da un apparente messaggio d’amore, nacque il primo virus informatico della storia
Così nacque il primo virus informatico
La storia di come, da un apparente messaggio d’amore, nacque il primo virus informatico della storia
La storia di come, da un apparente messaggio d’amore, nacque il primo virus informatico della storia
È il 5 maggio 2000 quando centinaia di utenti nelle Filippine ricevono il medesimo messaggio di posta elettronica. L’oggetto recita “ILOVEYOU” e in allegato c’è un documento intitolato “LOVE-LETTER-FOR-YOU.TXT”. Poiché di fronte all’amore nessuno resta insensibile, la maggior parte di coloro che hanno ricevuto quell’e-mail decide di aprirla e verificarne il contenuto. In quel preciso istante ciascun computer viene infettato, perché quell’allegato non è affatto una dichiarazione d’amore ma un virus. Capace non soltanto di aggredire il pc in cui si è introdotto, ma anche di diffondersi contagiando tutti i contatti presenti in rubrica, moltiplicandosi così esponenzialmente. Pochi giorni dopo, con il malware che ormai ha fatto il giro del mondo, le vittime di “ILOVEYOU” sono circa 50 milioni.
E pensare che quello partito dalle Filippine non è certo il primo virus informatico della Storia. Nel 1971 “Creeper” – creato da Bob Thomas – era stato realizzato con lo scopo di verificare proprio l’auto-riproducibilità di un programma su una macchina remota. Nel 1986 a fare notizia era stato “Brain”, ideato da due fratelli pakistani proprietari di un negozio di computer per punire chi copiava un software di loro creazione. Ma è con l’avvento di Internet che la musica cambia radicalmente: nel 1998 Robert Morris concepisce l’antesignano deiworm diffusi via web, divenendo così il primo americano condannato per pirateria informatica. Poi fu la volta di “Aids”, un malware che inibiva il sistema operativo rendendone impossibile l’avvio. E ancora “Concept.B” e “Melissa”, che avevano sfruttato i bug per diffondersi.
Ciascuno di questi aveva però avuto un impatto relativo, neppure paragonabile a quello di “ILOVEYOU” che – nell’arco di pochi giorni – raggiunge i computer della Cia, del Pentagono, del Parlamento britannico, di Ministeri in varie parti del mondo (da noi ne resta vittima quello dell’Interno) e di un numero imprecisato di multinazionali, con danni stimati in 5,5 miliardi di dollari. Terminata la conta dei disastri combinati, scatta la caccia al colpevole. Dopo alcune settimane di ricerca, prende forma una pista che porta a un programmatore filippino di nome Onel de Guzman. Pochi mesi prima il ragazzo ha presentato una tesi universitaria che aveva come argomento proprio le modalità di accesso ai computer altrui tramite la Rete. È stata rigettata dai suoi docenti, che l’hanno considerata ‘illegale’, così de Guzman ha deciso di fare sul serio. Con la complicità di sua sorella Irene, del fidanzato di lei e di un suo compagno di studi ha progettato un attacco in grande stile. Il gruppo viene identificato e posto in stato di fermo, ma ben presto si scopre che la legge filippina non può fare nulla: nel Paese non sono infatti previste pene per i reati informatici. Di conseguenza le accuse contro l’hackere i suoi sodali vengono lasciate cadere.
Onel de Guzman scompare dalle cronache. Verrà rintracciato anni dopo, ormai 40enne e impiegato in una società inglese che si occupa – ironia della sorte – di sicurezza informatica. Dirà che aveva ideato “ILOVEYOU” per cercare di rubare le password di accesso a Internet poiché all’epoca poteva a malapena permettersi una connessione. A metà fra il Robin Hood informatico e il criminale redento, l’ex studente filippino si è comunque ritagliato la sua pagina nei libri di storia. Quelli nei quali si racconterà di un ragazzo che, in un giorno di inizio millennio, mise in ginocchio i sistemi di mezzo mondo. Semplicemente con un messaggio d’amore.
di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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