
Alle origini della gloria
Alle origini della gloria
Alle origini della gloria
Negli occhi di Vito Dell’Aquila, nell’istante in cui realizza di aver vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi, c’è tutta l’essenza – permetteteci di scrivere anche la poesia – dei Giochi.
Una luce, un’improvvisa consapevolezza in quello sguardo che valgono più di qualsiasi descrizione, intervista o racconto.
Occhi che per qualche istante non cercano nulla, scintillano guardandosi intorno. Fissano un attimo che non ha uguali e che noi ‘esseri normali’ possiamo solo provare a immaginare.
Vito ha vent’anni e da quando ne aveva otto va in palestra, nella sua Mesagne, per praticare il Taekwondo, spettacolare arte marziale nata in Corea, ma che nello spicchio d’Italia in provincia di Brindisi, ha trovato la sua enclave azzurra. Di più, una spettacolare fabbrica di gioie olimpiche, una di quelle storie così tipicamente italiane del nostro sport.
In piccolo, anche se i risultati sono già straordinari con due allori ai Giochi, una Jesi del Taekwondo. Come nelle Marche abbiamo plasmato alcuni dei miti della scherma, così in provincia di Brindisi, a casa sua, Vito ha trovato l’ambiente, la disciplina e soprattutto il leggendario maestro Roberto Baglivo. Da quella palestra, ha cominciato a scalare il mondo sferrando i suoi eleganti e velocissimi colpi.
Il maestro Baglivo, un uomo che ha allevato e allenato due medaglie d’oro olimpiche – Carlo Molfetta olimpionico a Londra 2012, prima di Vito Dell’Aquila – rientra in quella categoria di uomini che fanno la fortuna dello sport italiano. Ne sono le fondamenta morali, prima che tecniche.
L’omaggio dei suoi ragazzi, davanti alla palestra di Mesagne, le lacrime dopo il trionfo di Vito, sono il suggello a una vita dedicata alla ricerca di ragazzi con quella luce negli occhi. I maestri lo sanno, i maestri la ‘vedono’.
Vola, Vito. E grazie.
Di Fulvio Giuliani


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