Il clima e i negazionisti
Sempre gonfi di retorica, i negazionisti ora hanno trovato un altro terreno fertile: il clima. E alzano la testa sempre più
Il clima e i negazionisti
Sempre gonfi di retorica, i negazionisti ora hanno trovato un altro terreno fertile: il clima. E alzano la testa sempre più
Il clima e i negazionisti
Sempre gonfi di retorica, i negazionisti ora hanno trovato un altro terreno fertile: il clima. E alzano la testa sempre più
Sempre gonfi di retorica, i negazionisti ora hanno trovato un altro terreno fertile: il clima. E alzano la testa sempre più
Per un po’ il negazionismo, come prima ancora il sovranismo, sono sembrati maree montanti. Una tappa obbligata per tanti, desiderosi di distinguersi dal “mainstream“. Qualsiasi accidenti di cosa voglia significare nella loro testa “mainstream”.
I negazionisti ci hanno ammorbato ai tempi della pandemia e della spettacolare campagna vaccinale, che ci ha rimesso in carreggiata a tempo di record, anche se ora lo consideriamo “normale“. No, non fu normale e la prova dell’intero Paese dovrebbe inorgoglirci ancora oggi, proprio alla faccia delle castronerie che fummo costretti ad ascoltare e leggere all’epoca.
Sempre gonfi di retorica, i negazionisti ora hanno trovato un altro terreno fertile: il clima. Più si moltiplicano gli eventi estremi, più viviamo un’estate sospesa fra picchi di calore soffocanti e fenomeni metereologici monsonici che eravamo abituati ad associare alle pellicole hollywoodiane sul Vietnam o la Cambogia, più costoro alzano la testa e dicono che “è sempre stato così“.
No, non è sempre stato così. Ce lo ricordano pazientemente la stragrande maggioranza degli esperti e sarebbe sufficiente appellarsi ai ricordi personali di chi è un po’ oltre i quarant’anni.
Le cose stanno cambiando, il clima sta cambiando a un ritmo vertiginoso che dovrebbe impressionare e preoccupare chiunque voglia mantenere un approccio razionale alla realtà. Proprio per questo, nessuna visione da Armageddon, nessuna previsione apocalittica, solo la fredda constatazione che i fenomeni più estremi, impressionanti e pericolosi si ripetono a dei ritmi che obbligano ad una serena, pacata e ferma riflessione. Anche per non perdere di vista le eccezionali opportunità economiche offerte della transizione “green”.
I negazionisti, invece, insistono a girare la faccia dall’altra parte, davanti alle ondate di calore che trasformano le nostre estati o ai repentini passaggi di vere proprie tempeste capaci di colpire come un cazzotto in pieno volto le nostre città e le nostre campagne.
Chiunque si sia trovato in strada ieri a Milano e Monza, per fare un esempio banalissimo, saprà bene di che cosa stiamo parlando. Per tacere della scorsa notte, nelle stesse identiche zone investite solo 14 ore prima da trombe d’aria e precipitazioni impressionanti. Non è stata una pioggia, non è stato un temporale, è venuto giù il cielo in 30 minuti. Due volte, in molto meno di un giorno, ma al negazionista non basta.
Anzi, i negazionisti godono nello sfidare la logica e il sentire comune, perché hanno imparato bene il giochino della provocazione: sfido con tutto il peso dell’ignoranza ostentata e dell’irrazionalità la scienza e la razionalità e molti mi verranno dietro. Per il puro gusto di distinguersi, di trovare una nuova occasione di sfogare la propria frustrazione contro i “poteri forti“ e “occulti“. Abbiamo fatto diventare partito di maggioranza relativa una formazione politica animata esattamente da queste pulsioni, sembra preistoria ma non lo è. È un monito.
di Fulvio Giuliani
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