Fischiare una ragazza, osservarla come se fosse un trofeo, seguirla soffocando la sua libertà di camminare e di vestirsi come vuole: è giusto che tutto questo diventi reato.
Il problema del catcalling è reale e insito nella società, farne un discorso di bandiere e di schieramenti come se fossimo sugli spalti di uno stadio è la strada migliore per non risolvere il problema.
Peccato che molti pensino che introdurre una legge sia non solo necessario ma anche sufficiente per risolvere il problema. D’altronde dall’introduzione del Codice penale in Italia non si sono più avuti omicidi, no?
Prima di parlare di legge, bisognerebbe fare chiarezza nella testa delle persone. Alcuni uomini vivono il confronto sul catcalling con un certo smarrimento, chiedendosi: “Non potrò neanche più guardare una bella donna che cammina per strada?”. La paura di compiere un reato con un atto così naturale polarizza il dibattito e ne fa sempre più una questione di donne contro uomini.
Anche qui il problema risiede nella voglia di essere o bianchi o neri, dimenticando ogni sfumatura di grigio. È impensabile punire una persona perché guarda qualcun altro, da folli credere che siano solo gli uomini a farlo e mai al contrario. A dispetto del tanto fumo riversato sul tema, il discrimine è molto chiaro: un conto è guardare, un altro osservare, fissare, mettere in soggezione, far sentire oppressa una donna, tutti atti che è giusto inquadrare come reati già da domani.
Ma la comprensione di questa differenza va affidata alla sensibilità e all’educazione dei cittadini, non alla legge penale.
Il problema è culturale: siamo cresciuti in una società dove certi comportamenti nei confronti delle donne non solo sono stati sempre accettati ma anche ricercati, quasi imposti dalla società.
Infatti, c’è un altro aspetto dietro al catcalling che in tanti ignorano e che rende i ragazzi altrettanto vittime. Il pensiero va a quella fetta di uomini quasi costretti a omologarsi a questi comportamenti irrispettosi e “normalizzati”, pena la loro esclusione dalle dinamiche di gruppo.
Essere tacciati di “asessualità” è un tema caldo di cui mai si parla. Non si ha la minima idea di quanti ragazzini abbiano detto alcune frasi spinte senza sentirle proprie, impacciati dietro la maschera sociale dell’uomo forte che non deve chiedere mai.
Nello spinoso dibattito sul catcalling, bisogna portare queste persone dalla parte delle donne, non contro la loro lotta solo perché uomini. Sono due facce della stessa medaglia.
Non risolveremo mai il problema tenendo stagnante la distinzione sessuale, tanto meno affidando alla legge penale quello che dovrebbero fare lo Stato e le famiglie: educare le persone al rispetto concreto, con un impegno da portare avanti nelle scuole, negli enti pubblici a vario titolo, negli esempi concreti che si danno ogni giorno.
Troppo facile quanto poco efficace scrivere una legge per far finta di risolvere il problema.
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