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A Scampia, vita e morte nell’indifferenza

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I morti di Scampia sono vittime di una catena pressoché sconfinata di errori storici, amministrativi, gestionali, politici e anche sociali

Crollo Scampia

A Scampia, vita e morte nell’indifferenza

I morti di Scampia sono vittime di una catena pressoché sconfinata di errori storici, amministrativi, gestionali, politici e anche sociali

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A Scampia, vita e morte nell’indifferenza

I morti di Scampia sono vittime di una catena pressoché sconfinata di errori storici, amministrativi, gestionali, politici e anche sociali

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Una tragedia assurda nella dinamica, nelle cause, nelle origini più lontane. I morti di Scampia – nell’ultima “vela” superstite di quell’utopia architettonica tramutatasi in incubo a cielo aperto – sono vittime di una catena pressoché sconfinata di errori storici, amministrativi, gestionali, politici e anche sociali.

Le autorità si affannano a ripetere che non c’era alcun segnale concreto di rischio e che quei ballatoi non sarebbero mai dovuti crollare. Sta di fatto che sono crollati e solo le perizie ci potranno dire per quale motivo, perché ora piangiamo morti assurde in un quartiere che troppe volte si è trasformato in una trappola. Dall’antistato al riscatto, da set cinematografico perfetto per i nostri “padrini” a luogo di cocciuta speranza, Scampia è un luogo dal destino bizzarro: decantato e strombazzato dalla politica e reso reale dall’impegno di cittadini dal commovente impegno. Sullo sfondo di una città – Napoli – che a sua volta resta sempre un impareggiabile compendio di estremi. Il luogo dove, visto da fuori si intende, morti inaccettabili e strazianti come quelle di ieri rientrano in qualcosa di “prevedibile”. “Una tragedia, certo, ma che ci vuoi fare, quella è Scampia…”.

Conseguenza di ataviche miserie che da sempre sono l’ideale contraltare della città della cultura, dell’esplosione turistica, delle zone un tempo inavvicinabili e oggi stracolme di Bed & Breakfast, pizzerie e ristoranti. Poi, resta la Napoli immutabile e sempre uguale a se stessa, oltre le dichiarazioni pubbliche e l’impegno di chi non si arrende e non scappa. Scampia, da questo punto di vista, ha pochi eguali. Forse nessuno.

Quella “vela”, unica lasciata in piedi a imperitura memoria di quello che sarebbe dovuto essere e del disastro in cui si tramutò, avrebbe avuto (o dovrebbe ancora avere) una destinazione pubblica. Per il momento – a conferma di quanto scrivevano – resta il luogo infame di sempre, dove si sopravvive o al massimo si fa finta di vivere come nel resto della città. Quella più o meno agganciata alla realtà.

Lì, dove due giovani hanno perso la vita e due bambine lottano per salvarsi, ci si arrangia da sempre fuori da ogni regola, spesso da ogni futuro. Alla giornata, finché non arriva l’ultima notte.

Di Fulvio Giuliani

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