Ancora odio, ancora coltello, ancora dolore. Altro femminicidio a Milano
Non ci si crede e soprattutto non ci vorremmo credere: a pochi giorni dalla tragedia di Pamela, siamo qui di nuovo a parlare di un altro femminicidio. Ancora a Milano
Ancora odio, ancora coltello, ancora dolore. Altro femminicidio a Milano
Non ci si crede e soprattutto non ci vorremmo credere: a pochi giorni dalla tragedia di Pamela, siamo qui di nuovo a parlare di un altro femminicidio. Ancora a Milano
Ancora odio, ancora coltello, ancora dolore. Altro femminicidio a Milano
Non ci si crede e soprattutto non ci vorremmo credere: a pochi giorni dalla tragedia di Pamela, siamo qui di nuovo a parlare di un altro femminicidio. Ancora a Milano
Non ci si crede e soprattutto non ci vorremmo credere: a pochi giorni dalla tragedia di Pamela Genini, siamo qui di nuovo a parlare di una donna uccisa a coltellate. Ancora a Milano.
Femminicidio a Milano. Luciana Ronchi, sessantadue anni, aspettata sotto casa dall’ex e accoltellata a morte
Luciana Ronchi, sessantadue anni, aspettata sotto casa dall’ex – in perfetto stile agguato mafioso – e accoltellata a morte, secondo il solito schema. Con le solite modalità. Per quelle solite pulsioni che si riducono – lo diciamo per la milionesima volta, consapevoli di non avere il diritto di stancarci a farlo – all’incapacità di accettare e gestire il desiderio della ex moglie-compagna di voltare pagina, andare avanti, vivere una vita senza.
Senza questo essere immondo, che secondo le testimonianze raccolte dopo l’agguato nel vicinato, da settimane si era appostato sotto casa della ex. Per incutere timore, per giocare una partita squallida con la tenuta psicologica della donna. Vittima designata.
In questo modus operandi, oltre il disprezzo sincero per la pochezza dell’uomo o supposto tale, riecheggiano le parole che per il podcast “Il Risveglio della Ragione” avevamo scandito non più tardi di lunedì, 72 ore fa.
L’esigenza ineludibile di coinvolgere nella rete di protezione delle donne a rischio
Le parole dello studio svolto proprio per noi dal giurista Cesare Cicorella, teso a dimostrare l’esigenza ineludibile di coinvolgere nella rete di protezione delle donne a rischio non solo forze dell’ordine sempre più preparate e in grado di rispondere a potenziali delitti di questo tipo, ma anche quella rete familiare, amicale e di semplici conoscenti che devono entrare nell’ordine di idee di non poter più escludere l’esito tragico di certe vicende.
Come in questo caso, dopo un appostamento durato giorni. Di dover costringersi a intervenire, per quanto sia difficile – ce ne rendiamo perfettamente conto – “farsi gli affari degli altri”.
Ma ormai è ineludibile. Se si vuole uscire da questa trappola mortale, in cui ci ritroviamo a cadenza multisettimanale a scrivere sempre le stesse cose, a sottolineare sempre le stesse tragedie, a farci sempre le stesse domande.
di Fulvio Giuliani
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