Aurora Tila aveva solo 13 anni quando il 25 ottobre di un anno fa cadde dal settimo piano e morì. Inizialmente si pensò fosse stato un incidente ma oggi il Tribunale per i minorenni di Bologna ha condannato in primo grado a 17 anni di carcere il 16enne che – all’epoca dei fatti ne aveva 15 – spinse la giovane ragazza, simulando che l’incidente fosse stato un suicidio. L’autopsia, infatti, avrebbe rivelato ossa rotte, lividi e lesioni che sarebbero stati provocati prima della caduta, prima che il ragazzo – come raccontato dai carabinieri – percosse le nocche della ragazze con le ginocchia per farla cadere giù.

Il 16enne – col quale Aurora aveva avuto un flirt – è ora imputato dell’omicidio pluriaggravato della ragazzina piacentina.

«Sono soddisfatta per la condanna a 17 anni: sarei stata più soddisfatta se fossero stati 20, ma almeno giustizia è stata fatta. Io ho sempre creduto nella giustizia, l’ho detto dall’inizio», ha commentato Morena Corbellini, madre della vittima.

L’incontro tra i due ragazzi era avvenuta un anno prima sui social e in pochi mesi la situazione è degenerata, diventando qualcosa di più grande ed ingestibile per Aurora. Il ragazzino infatti aveva cominciato ad essere ossessionato da lei. Oltre a cercarla con insistenza, la seguiva. Persino la madre della giovane vittima aveva chiesto aiuto agli assistenti sociali, dopo che il ragazzo avrebbe cercato di impedire ad Aurora di entrare a scuola. Nessuno però è riuscito ad intervenire in tempo. «Potevano salvarla» ha ripetuto la mamma della giovane. Aurora Tila è una delle più giovani vittime di femminicidio.

Di Matilde Testa