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Bambina come arma di ricatto

Qatargate. Dopo 4 mesi di carcere in condizioni inammissibili, Eva Kaili oggi è una donna libera: “Mia figlia usata per fare pressioni”
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Bambina come arma di ricatto

Qatargate. Dopo 4 mesi di carcere in condizioni inammissibili, Eva Kaili oggi è una donna libera: “Mia figlia usata per fare pressioni”
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Bambina come arma di ricatto

Qatargate. Dopo 4 mesi di carcere in condizioni inammissibili, Eva Kaili oggi è una donna libera: “Mia figlia usata per fare pressioni”
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Qatargate. Dopo 4 mesi di carcere in condizioni inammissibili, Eva Kaili oggi è una donna libera: “Mia figlia usata per fare pressioni”
I capelli leggermente scompigliati, un sorriso accennato all’obiettivo, in primo piano i riccioli della sua piccola che appare di spalle. È l’immagine a corredo dell’intervista di Eva Kaili al “Corriere della Sera”, a cui è subito seguito l’alt del giudice Michel Claise di rilasciare dichiarazioni. L’ex vicepresidente del Parlamento europeo è oggi una donna libera e non è difficile immaginare il suo desiderio di recuperare il tempo perduto con la figlia che al momento dell’arresto aveva 22 mesi. La relazione finale della polizia belga ha stabilito che «non ci fossero abbastanza elementi per dire che la Kaili facesse parte dell’organizzazione criminosa». Nel frattempo la donna ha trascorso 4 mesi in carcere in condizioni inammissibili (al freddo, con la luce sempre accesa) e altri due mesi ai domiciliari. Un tempo che nessuno ridarà indietro a lei e a sua figlia. Ancora non si comprende come sia stato possibile tenere lontana una mamma dalla sua piccola per così tanto tempo per accuse di reati che possono indignare l’opinione pubblica ma che non giustificano un simile trattamento in una Unione che si vanta di essere paladina dei diritti. All’indomani dello scandalo avevamo segnalato come la figlia della Kaili fosse stata trasformata dagli inquirenti in un’arma di ricatto. E segnalammo anche la reazione – più di fuga che responsabile – del Parlamento europeo. Resta evidente che se ci sono prove per condannare gli indagati queste debbano essere portate al processo. Di Ilaria Cuzzolin

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