Barbie Brigate Rosse
Barbie Brigate Rosse: l’accostamento fatto dalla studentessa di Trento è inconciliabile. Difficile che da tale abbinamento possa uscire qualcosa di pericoloso

Barbie Brigate Rosse
Barbie Brigate Rosse: l’accostamento fatto dalla studentessa di Trento è inconciliabile. Difficile che da tale abbinamento possa uscire qualcosa di pericoloso
Barbie Brigate Rosse
Barbie Brigate Rosse: l’accostamento fatto dalla studentessa di Trento è inconciliabile. Difficile che da tale abbinamento possa uscire qualcosa di pericoloso
Tutti conoscono la bambola Barbie – di cui si è venduto oltre un miliardo di esemplari in più di cento Paesi – e il personaggio che da essa ha preso vita in canzoni, film e persino in un quadro di Warhol. Tutti gli italiani conoscono (o credono di conoscere) le Brigate Rosse, gruppo clandestino nato all’inizio degli anni Settanta che praticò la lotta armata fino alla fine degli Ottanta, poi rinato per breve tempo a cavallo tra i Novanta e i Duemila e da allora estintosi. C’è oggi una studentessa di Trento che ha pensato male di mettere insieme la Barbie e le Br, postando foto su Instagram con riferimenti a entrambi i soggetti, comprese macabre allusioni alla fine di Aldo Moro. Sono giustamente fioccate critiche e proteste, la giovane si è dimessa dal Consiglio studentesco universitario di cui faceva parte, lamentandosi dell’attenzione ricevuta, ma non facendo adeguata chiarezza sul perché di quelle immagini.
Siamo di fronte a una sciocchezza fatta da una singola persona o a un rigurgito di terrorismo in forme nuove, come qualcuno apertamente paventa sui giornali e in ambienti politici? La Barbie e le Brigate Rosse sono una stranissima coppia. A dimostrarlo, basti un confronto tra la canzone “Barbie Girl”e una lettera scritta ai genitori da Margherita Cagol, una ragazza che all’età di 25 anni fondò le Brigate Rosse insieme a Renato Curcio e ad Alberto Franceschini, morta nel 1975 durante un’irruzione dei carabinieri in una cascina in cui lei e i suoi compagni tenevano sequestrato un ostaggio.
«I’m a Barbie girl, in a Barbie world. Life in plastic, it’s fantastic! You can brush my hair, undress me everywhere. Imagination, life is your creation. Come on Barbie, let’s go party!» sono le parole intorno alle quali è strutturata la canzone. Coerenti con l’ispirazione della creatrice della bambola, Ruth Handler, che volle dare a Barbie l’aspetto di una donna adulta consumista, «di bell’aspetto ma priva di spessore e sostanzialmente stupida» (Wikipedia), diversamente dalle bambole tradizionali. Insomma, la quintessenza del primato del privato sul politico o della frivolezza, se si vuole. La negazione del femminismo, anche.
Come vedeva sé stessa Cagol? Veniva da un paesino in provincia di Trento, da una famiglia piccolo-borghese e religiosa, si era diplomata in ragioneria ed era un’ottima chitarrista classica. Iscrittasi all’Università di Trento, rimase folgorata dagli ideali rivoluzionari che gli studenti stavano abbracciando e diffondendo, così cambiò vita. Si trasferì a Milano e da lì spiegò ai suoi genitori: «Ora tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese ormai marcio (…) grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e soprattutto forte (…) la storia mi dà ragione (…) Milano che in un primo momento mi è parsa luminosa, piena di attrattive, mi appare sempre di più un mostro feroce che divora tutto ciò che di naturale, di umano e di essenziale c’è nella vita (…) violenta ogni minuto tutti noi togliendoci ogni cosa che possa in qualche modo emanciparci o farci sentire veramente quello che siamo (…) ci reprime (…) ci manipola nei bisogni, nell’informazione (…) tutto ciò che è possibile fare per combattere questo sistema è dovere farlo, perché questo io credo sia il senso profondo della nostra vita».
Difficile che da un abbinamento tra Barbie e Brigate Rosse possa uscire qualcosa di consistente e pericoloso. Ultimamente negli atenei non sono mancati episodi di prepotenze e intimidazioni di cui preoccuparsi, ma riguardano altre storie.
Di Vladimiro Satta
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