Basta orrori negli USA
Una catena di orrori lunga 23 anni, ieri l’ennesima strage in una scuola elementare negli Stati Uniti. Basta parole, è tempo di agire!
| Cronaca
Basta orrori negli USA
Una catena di orrori lunga 23 anni, ieri l’ennesima strage in una scuola elementare negli Stati Uniti. Basta parole, è tempo di agire!
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Una catena di orrori lunga 23 anni, ieri l’ennesima strage in una scuola elementare negli Stati Uniti. Basta parole, è tempo di agire!
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Una catena di orrori lunga 23 anni, ieri l’ennesima strage in una scuola elementare negli Stati Uniti. Basta parole, è tempo di agire!
Una catena di strazi e orrori lunga 23 anni. Dalla strage di Columbine nel 1999 al massacro dei 19 bambini di Uvalde l’altro ieri, gli Stati Uniti d’America si affacciano con spaventosa regolarità sull’abisso della follia. Senza far nulla. Senza riuscire non diciamo a cancellare ma almeno ad arginare l’allucinante facilità con cui chiunque – in alcuni Stati Usa – può entrare in possesso di armi d’assalto. Per noi europei una realtà semplicemente inconcepibile.
In questi 23 anni abbiamo sentito ripetere le stesse frasi, gli stessi appelli, dopo stragi sempre simili fra loro. Abbiamo assistito alle lacrime in diretta tv dell’allora presidente Barack Obama, dopo un’altra mattanza in una scuola elementare (era il 2012 nel Connecticut) come martedì in Texas. Oggi tocca alla commozione del suo vice di allora e successore Joe Biden. Tutti a ripetere per lustri quanto la misura fosse colma, quanto fosse arrivato il momento di agire, tutti ad assistere alla ripetuta vittoria della lobby delle armi e di una malintesa mitologia della “frontiera”. Alla forza apparentemente inscalfibile dei richiami a quel secondo emendamento della Costituzione americana, appiglio giuridico di chi rifiuta di delegare la sicurezza personale e della comunità alle autorità statali e alle sole forze di polizia.
Come accennavamo, per noi europei risulta aliena l’idea di poter acquistare al supermarket, insieme a un chilo di mele e a una cassa di birra, un fucile d’assalto o anche un ‘semplice’ lanciarazzi. Guai, però, a ritenersi immuni o ‘diversi’ dagli americani. Non facciamo riferimento alle periodiche e stantie polemiche sulla sicurezza dopo drammatici casi di cronaca in Italia, piuttosto a uno sconcertante vizio parallelo all’esperienza Usa. Esattamente come negli Stati Uniti, anche da noi ci si è rassegnati all’idea di affrontare determinati argomenti dicendo sempre le stesse cose, registrando sempre gli stessi scontri e non arrivando mai al dunque. Grazie al cielo, non stiamo parlando di Columbine o Uvalde, ma quanti problemi la nostra società ha scelto semplicemente di ignorare o accantonare? L’Italia che si duole da decenni di crescere troppo poco, preparare male i propri ragazzi al lavoro e al futuro, che si lamenta delle opportunità gettate al vento è un’Italia che si accontenta di parlare, parlare e ancora parlare. E che non fa niente. Come gli americani alle prese con l’incubo delle armi, molto rumore per nulla.
Sembra essere un difetto ricorrente delle democrazie liberali moderne, finire per cedere agli interessi di lobby (non è una brutta parola in sé, lo diventa quando l’interesse particolare schiaccia il generale) molto potenti e ben organizzate, favorite dalla moderna ossessione per i distinguo e il mostrarsi i più tolleranti e inclusivi possibili. Prima o poi – meglio prima che poi – una società moderna ed evoluta deve prendere delle decisioni. Soprattutto quelle più scomode e divisive, altrimenti le classi politiche e dirigenti semplicemente non fanno il proprio mestiere: abdicano al loro ruolo. Troppo comodo, ma soprattutto drammaticamente inconcludente e pericoloso.
di Fulvio Giuliani
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