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Brancolare Palermo

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Lo stupro di Palermo: no solo violenza ma anche incoscienza, non solo sopraffazione ma anche esibizione. E il male che ha sempre origini profonde
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Lo stupro di Palermo: no solo violenza ma anche incoscienza, non solo sopraffazione ma anche esibizione. E il male che ha sempre origini profonde
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Lo stupro di Palermo: no solo violenza ma anche incoscienza, non solo sopraffazione ma anche esibizione. E il male che ha sempre origini profonde
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Lo stupro di Palermo: no solo violenza ma anche incoscienza, non solo sopraffazione ma anche esibizione. E il male che ha sempre origini profonde
C’è il branco, con le sue violenze e gli stupri. E c’è il brancolare di chi pensa di perseguirli continuando a cambiare le leggi, supponendo che possa trovarsi lì lo strumento per fermare il crimine. Come sta avvenendo anche (non solo) con le norme contro l’uccisione di donne. Purtroppo il branco e il brancolare crescono assieme. Stabilire, in ogni singolo caso, quali reati sono stati commessi – e da chi – spetta, a seguito di un giusto processo, alle sentenze. Non al confrontarsi delle opinioni e delle indignazioni. Ciò non ci impedisce di vedere quel che è evidente, quel che capita e ricapita. Da ultimo a Palermo: non solo c’è la violenza, ma anche l’incoscienza; non solo si commette un reato, ma lo si filma e documenta; non solo c’è la sopraffazione, ma anche la continuazione del vanto e dell’esibizione, con la diffusione di filmati. Questo non interroga solo la legge penale, ma anche il tessuto morale del nostro vivere collettivo. Dopo lo stupro di Palermo è toccato a un noto cantante (Ermal Meta) dare voce a un sentimento che non si fatica a sapere diffuso: ci vogliono «pene esemplari». E ha aggiunto di augurare ai «cani», in carcere, di «finire sotto cento lupi in modo che capiate cos’è uno stupro». L’ha detto con le migliori e più sdegnate intenzioni, ma è il lastricato che conduce all’inferno, la strada che porta a somigliare ai peggiori. Le pene non devono mai essere «esemplari», ma giuste. Ed è un problema culturale serio il confondere il loro essere giuste con l’essere blande o inesistenti, laddove saranno giuste se severe. Punire lo stupro con lo stupro non compensa il danno, ma stupra la collettività e il diritto. E quelle non sono solo parole velenose, ma perse nel nulla tonitruante di una durezza che diventa flaccida impotenza. Da dove arrivano quelle persone? Da dove arriva l’idea di scopare in gruppo una che è stata prima rintronata? Da dove l’idea di filmarsi? Non è capitato una volta, è una scena che si ripete. Ci sono irresponsabilità e impunità che si mescolano ad amoralità, che cerca nella violenza l’assenza di virilità. C’è l’assenza di ogni timore per l’autorità. Come sono cresciuti? Senza genitori che incutessero timore, senza scuola che sapesse sfidarli, circondati da adulti falliti che accudiscono nei pargoli il proprio fallimento. A scuola servono a nulla i sermoni. Meno che mai se a tenerli sono persone la cui autorità non è riconosciuta e, in quanto tale, temuta. Se prima non insegni che non fare un compito ha una conseguenza negativa, se non fai cogliere il nesso fra l’azione e la conseguenza, poi perdi ogni presa su vite che si perdono nel nulla. Vedo che sui femminicidi la maggioranza e l’opposizione cercano l’accordo politico, in modo da approvare una riforma, si dice, ‘condivisa’. Per carità, le leggi sono sempre perfettibili, ma davvero credete che un articolato cambi la realtà? La legislatura è iniziata approvando all’unanimità un’inutile commissione parlamentare d’indagine sui femminicidi. Che è cambiato? Le leggi relative a questo crimine sono recentissime. Ma tutto questo vive nel mondo surreale del legislatore che prova a descrivere il bene e combattere il male non avvedendosi che per un processo relativo a violenze ci vogliono una decina di anni. Un decennio nel corso del quale un innocente sarà ingiustamente accusato e un colpevole ingiustamente non condannato. Un decennio in cui le vittime dovranno pagare le spese legali. E se si tratta di persone che si frequentano o familiari, un decennio nel corso del quale o si subiranno atroci misure cautelari da innocenti o il più debole soccomberà alle pressioni (o falsi pentimenti) del più forte. Serve a nulla l’essere unanimemente burberi e costantemente incapaci di far funzionare la giustizia. O di far conoscere ai ragazzi, fin da bambini, il senso della comunità e dell’autorità. Se te li perdi alle tabelline poi non li riprendi augurando loro altri «lupi». Questo è il brancolare cieco di chi crede serva a qualche cosa aumentare pene e reati. di Davide Giacalone

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