Campi Flegrei, urge testare il piano di evacuazione
Nuovo sciame sismico. Il piano di evacuazione esiste sulla carta ma non è mai stato testato. Esercitazioni a campione ferme da 4 anni
| Cronaca
Campi Flegrei, urge testare il piano di evacuazione
Nuovo sciame sismico. Il piano di evacuazione esiste sulla carta ma non è mai stato testato. Esercitazioni a campione ferme da 4 anni
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Nuovo sciame sismico. Il piano di evacuazione esiste sulla carta ma non è mai stato testato. Esercitazioni a campione ferme da 4 anni
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Nuovo sciame sismico. Il piano di evacuazione esiste sulla carta ma non è mai stato testato. Esercitazioni a campione ferme da 4 anni
Ci occupiamo dei Campi Flegrei – del vulcano dei Campi Flegrei, per essere più precisi – nella speranza di non doverlo mai fare in circostanze ben più drammatiche e urgenti. Lo sciame sismico degli ultimi giorni è l’ennesima sveglia che Madre Natura fa suonare. Sappiamo tutto di quella zona e conosciamo nei dettagli i rischi potenziali legati all’attività vulcanica dell’area, testimoniata da quando l’uomo conserva tracce della propria memoria. Le ripetute scosse, i fenomeni bradisismici tipici di quei luoghi (Pozzuoli è nota in tutto il mondo per il periodico alzarsi e abbassarsi del livello del suolo rispetto al mare), le stesse attrazioni turistiche quali l’arcinota “Solfatara“ sono lì a ricordarci che il gigantesco piano di evacuazione – per un numero variabile di persone fra il mezzo milione e le ottocentomila – non è un esercizio teorico. È una macchina fra le più complesse al mondo da tenere oliata e pronta all’uso. È così, oggi? Temiamo di no.
Chi scrive ha una certa conoscenza dei luoghi e, come tutti i bambini cresciuti a Napoli, alla “Solfatara” è stato portato in gita scolastica almeno quattro volte. La stragrande maggioranza di chi abita a Napoli si limita peraltro a una consapevolezza superficiale, mediata dalla falsa e consolante speranza che in linea di massima il problema non si presenterà nel corso dell’intera nostra vita. Falsa (e pericolosa), perché l’ultima volta che uno dei tre grandi vulcani dell’area – il Vesuvio, oltre ai Campi Flegrei e all’Epomeo di Ischia – si è fatto violentemente sentire era il 1944. Quanto ai più allarmanti fenomeni legati al bradisismo, negli anni Ottanta fu addirittura creata la ‘new town’ di Monteruscello, per trasferirvi parte della popolazione di Pozzuoli. In termini geologici nulla, neppure un sospiro della storia. 500 anni fa, 1.500 dopo l’eruzione vesuviana che spazzò via Pompei ed Ercolano, nei Campi Flegrei l’attività vulcanica fece nascere in una manciata di ore un’intera montagna. Il “Monte nuovo“, appunto.
Il piano di evacuazione esiste ed è particolareggiato. Tutto su carta, però, mai testato nella sua interezza per intuibili motivi pratici e anche le esercitazioni a campione sono completamente ferme da quattro anni. C’è stato il Covid ma ora siamo tenuti a fare di più. Molto di più. I sindaci dei Comuni dei Campi Flegrei lanciano ripetuti allarmi sulle gravi carenze delle infrastrutture che dovrebbero consentire l’evacuazione. Le strade, tanto per cominciare: la viabilità lungo lo splendido tratto di costa che va da Bagnoli a Capo Miseno è regolarmente congestionata. Le code sono da sempre uno spettacolo abituale. Una delle direttrici previste più importanti, quella in direzione di Torregaveta per tirar fuori la gente da quell’immenso cratere che sono i Campi Flegrei, transita su una strada larga circa 3 metri. Superfluo aggiungere altro.
I treni sono un elemento fondamentale del piano di evacuazione, ma non si ha un’idea chiara di quanto siano aggiornati i modelli di evacuazione su strade ferrate e di quanto qualcuno si sia preoccupato di formare come si deve il personale, che verrebbe chiamato a gestire un traffico assolutamente eccezionale in circostanze inimmaginabili. L’aspetto psicologico, infatti, grava come un macigno sull’intera faccenda. Nella malaugurata ipotesi si dovesse dare l’ordine di evacuazione generale, lo Stato italiano si troverebbe a dover gestire il più grande esodo controllato della storia moderna. Nessuno vorrebbe mai dare quell’ordine e nessuno di noi vorrebbe trovarsi nelle condizioni di chi, un giorno, dovesse trovarsi davanti all’angosciante dilemma se evacuare o meno. In situazioni analoghe e per poche migliaia di persone, errori e tentennamenti sono stati la norma in giro per il mondo. Si pensi a 800mila abitanti sottoposti a tensioni terribili.
Aggiornare i piani, renderli parte del quotidiano di tutte le popolazioni interessate ed esercitarsi il più possibile: non c’è alternativa. Sembra un film, ce ne rendiamo conto, mentre monta l’eterno confronto fra allarmisti e rassicuranti. Tutto gestibile, purché si sappia cosa fare.
Di Fulvio Giuliani
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