Caso fratelli Menendez, (dopo Netflix) forse nuova sentenza
Il Procuratore Distrettuale di Los Angeles, George Gascón, ha dichiarato che l’ufficio ha riconosciuto la possibilità di una nuova sentenza
Caso fratelli Menendez, (dopo Netflix) forse nuova sentenza
Il Procuratore Distrettuale di Los Angeles, George Gascón, ha dichiarato che l’ufficio ha riconosciuto la possibilità di una nuova sentenza
Caso fratelli Menendez, (dopo Netflix) forse nuova sentenza
Il Procuratore Distrettuale di Los Angeles, George Gascón, ha dichiarato che l’ufficio ha riconosciuto la possibilità di una nuova sentenza
Il Procuratore Distrettuale di Los Angeles, George Gascón, ha dichiarato che l’ufficio ha riconosciuto la possibilità di una nuova sentenza
Era il 20 agosto del 1989 quando i fratelli Lyle ed Erik Menendez, rispettivamente di 21 e 18 anni, compirono un crimine che scioccò il mondo: uccisero con 13 colpi di arma da fuoco i loro genitori, José e Kitty Menendez, mentre guardavano la televisione nella villa di Beverly Hills. José Menendez, un noto dirigente dell’industria dello spettacolo, e sua moglie furono vittime di un atto che ha lasciato segni indelebili nell’opinione pubblica, riportando ora rinnovato interesse grazie a una docu-serie Netflix, Monsters: The Lyle and Erik Menendez Story.
Il processo si rivelò complesso e controverso, alimentato da intense dispute tra accusa e difesa. I fratelli Menendez affermarono di aver ucciso i genitori per autodifesa, sostenendo di essere stati vittime per anni di abusi sessuali, fisici e psicologici da parte del padre. La difesa presentò prove di tali abusi, ma i primi processi si conclusero senza un verdetto, a causa della mancata unanimità delle giurie.
Nel 1995, durante un secondo processo, gran parte delle prove degli abusi vennero escluse. L’accusa dipinse i Menendez come giovani avidi, motivati solo dal desiderio di ereditare la fortuna dei genitori. Nel 1996, i fratelli furono infine condannati per omicidio di primo grado e condannati all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale. Ora però per loro, dopo 35 anni in carcere, si apre un nuovo capitolo.
Durante la conferenza stampa di ieri, il Procuratore Distrettuale di Los Angeles George Gascón ha dichiarato che l’ufficio ha rivalutato attentamente le prove e ha riconosciuto la possibilità di una nuova sentenza. “Raccomanderemo alla corte di rimuovere l’ergastolo senza possibilità di libertà vigilata e di rivedere la sentenza” ha affermato Gascón, sottolineando che la loro età al momento del crimine li renderebbe idonei alla libertà vigilata immediata. “Ci sono persone nel mio ufficio che credono fermamente che i fratelli Menendez dovrebbero rimanere in prigione per il resto della loro vita, e non credono che siano stati molestati”. Ma ”ci sono persone che credono fermamente che dovrebbero essere rilasciate immediatamente e che in realtà sono stato molestati”.
Gascón ha espresso così la sua convinzione riguardo la testimonianza dei Menendez sugli abusi subiti in famiglia, affermando che “credo che i fratelli siano stati sottoposti a un’enorme quantità di disfunzioni e molestie.” Per il Procuratore Distrettuale, i fratelli “hanno saldato il proprio debito con la società. Il sistema offre la possibilità che il loro caso venga esaminato da una commissione per la libertà vigilata e, se la commissione condividerà la mia valutazione, saranno rilasciati”.
Ad oggi, Erik e Lyle Menendez, ora rispettivamente di 53 e 56 anni, restano in attesa della decisione finale. La Corte Superiore di Los Angeles dovrà stabilire se approvare la richiesta proposta da Gascón. La data dell’udienza deve ancora essere fissata, ma le dichiarazioni del Procuratore Distrettuale sembrano segnare un potenziale punto di svolta nel lungo e tormentato percorso giudiziario dei fratelli Menendez.
“Dall’accusa originale dei fratelli Menendez, più di tre decenni fa, il nostro ufficio – ha aggiunto Gascón – ha acquisito una comprensione più approfondita delle complessità che circondano la violenza sessuale. Riconosciamo che si tratta di un problema diffuso che colpisce individui di tutte le identità di genere e rimaniamo fermi nel nostro impegno a supportare tutte le vittime mentre affrontano gli effetti duraturi di tale trauma”.
La vicenda riaccende così il dibattito su quanto possano influire i traumi vissuti in famiglia sul comportamento criminale.
Di Melania Guarda Ceccoli
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